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LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani

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nate politiche- viene presa per due razioni di minestra uso acqua calda e per<br />

100 grammi di pane. A noi non rimane nemmeno una lira per i nostri bisogni<br />

personali, per la frutta, della quale abbiamo assolutamente bisogno come di<br />

altra roba fresca.<br />

(…) Facciamo presente che fra di noi la maggioranza non può ricevere nulla<br />

dalle famiglie e fra di noi ci sono delle ammalate di TBC, ammalate di stomaco<br />

di reni, cuore e quelle che hanno subito delle operazioni molto gravi e<br />

che devono continuamente curarsi. Noi tutte protestiamo energicamente contro<br />

questo trattamento e chiediamo la nostra immediata liberazione come<br />

confinate e internate politiche.<br />

con osservanza in nome di tutte (8 slave e una italiana) Buonacosa Emilia,<br />

Confinata politica Le Fraschette 27/8/1943”<br />

La storia di un altro gruppo di internati -gli anglo maltesi- la racconta Romeo<br />

Cini, che attualmente vive in Australia<br />

“Nel gennaio 1942, come un fulmine a ciel sereno, l’intera comunità venne<br />

arrestata. La comunità era formata allora da circa 2500 persone. Il 18 gennaio<br />

1942 fummo imbarcati su tre navi merci. Io arrivai a Napoli e con gli<br />

altri fui messo su un treno, senza sapere la nostra destinazione. Con la mia<br />

famiglia e con la maggior parte della comunità (600 persone), arrivai a<br />

Fiuggi, presso il Grande Albergo, un hotel chiuso da tempo ma riadattato ad<br />

alloggio per internati politici. Non avevamo nulla, perché ci avevano fatto<br />

abbandonare i bagagli al porto di Napoli. Fummo spogliati e disinfettati. Il<br />

giorno dopo ricevemmo i nostri abiti puliti e vedemmo, piacevolmente sorpresi,<br />

che stava nevicando. Era la prima volta che vedevamo la neve.<br />

Il primo ottobre 1942 ci fu ordinato di prepararci per il trasferimento al<br />

campo Le Fraschette […] Quando arrivammo al campo trovammo fango dappertutto<br />

a causa della pioggia torrenziale e dei lavori non ancora terminati.<br />

Ci stabilimmo in una grossa baracca dove trovammo file di cuccette con un<br />

materasso di paglia, tre coperte militari e un cuscino ciascuno. Le baracche<br />

erano divise in camerate con un lungo corridoio. Appendemmo alcune coperte<br />

per garantire un po’ di intimità alle donne. Il cibo era disgustoso e scarso,<br />

soffrivamo la fame. Mio padre si lamentò con il direttore del campo che era<br />

una brava persona, ma che non poteva andar contro alle direttive ricevute.<br />

La fame cominciò a farci deperire fisicamente. Mi ricordo che, quando riuscivamo<br />

a trovarle, le castagne erano l’unico alimento per calmare la terribile<br />

fame. Mi ricordo anche che alcuni soldati italiani che sorvegliavano il campo,<br />

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