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LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani

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zione svizzera, la pericolosa impresa riuscì e arrivò una grossa somma di<br />

denaro che noi usammo per comprare da mangiare. Un giorno arrivarono dei<br />

tedeschi e presero gli uomini per portarli ai lavori forzati: dopo alcune settimane<br />

essi fuggirono e tornarono al campo. Temendo una seconda retata mio<br />

padre suggerì ai giovani e agli uomini idonei a lavorare di fuggire sulle montagne<br />

circostanti. Ci rifugiammo nei fitti boschi aiutati dalla gente che abitava<br />

là e dalle nostre donne che venivano a trovarci e a portarci da mangiare.<br />

A metà dicembre tornammo al campo.<br />

Il 15 febbraio una squadra di aerei americani bombardò Le Fraschette, noi<br />

eravamo vittime innocenti dei nostri stessi alleati. Non avevamo vie di fuga.<br />

Alla fine contammo i morti e i feriti, questi ultimi furono trasporti da mezzi<br />

civili giunti in nostro aiuto all’ospedale di Alatri. I feriti erano molti e anche<br />

i mutilati permanenti, tra loro c’era Pasqualino Costa che è con noi a<br />

Melbourne, che perse il braccio destro. In quel tempo di paura le autorità<br />

civili italiane e quelle militari tedesche ad Alatri ordinarono l’immediato<br />

sgombro del campo.”<br />

Anche nel diario di Madre Mercedes Agostini è riportata la cronaca di quella<br />

terribile giornata del bombardamento, e alcuni particolari sono stati confermati<br />

e arricchiti dalla Signora Concetta Ellul in una mail trasmessami dal<br />

Canada, che vi leggo così come mi è pervenuta:<br />

“Il 5 febbraio 1944 alle ore 8 di mattina una squadriglia di aerei americani<br />

attaccò violentemente il campo Le Fraschette mitragliandoci senza pietà. Tanti<br />

morti e feriti, portati all’ospedale sugli autocarri dai paesi vicini Alatri. Mio<br />

padre, Michele Ellul con suo figlio Vincenzo erano feriti tutti e due sulla<br />

gamba. Nello stesso giorno il mio fratello ha fatto nove anni e perso l’intera<br />

gamba sinistra. Il nostro papà è morto il giorno dopo all’ospedale. Il mio papà<br />

è stato seppellito insieme con la gamba di Vincenzo ad Alatri. (…) Noi eravamo<br />

liberati alla fine di giugno 1944 da prigione del campo. Siamo andate con<br />

il treno da Roma fino a Napoli, era pieno di gente e pure di corpi morti. Mezzo<br />

viaggio di Roma a Napoli il treno era bombardato. Mia madre da quel giorno<br />

di la avuto tanto di difficultà con mia sorella Antonia aveva 9 anni. Maria<br />

aveva 5 anni, io avevo due anni e mezzo e il piccolo aveva tre settimane.”<br />

Romeo Cini ci racconta infine lo sgombro del Campo:<br />

“Il trasferimento iniziò nel pomeriggio di quello stesso giorno sotto una pioggia<br />

torrenziale. Prima donne anziani e bambini furono aiutati a salire sui<br />

camion e furono portati in un convento di suore ad Alatri, alloggiati in grandi<br />

sale su coperte stese sul pavimento. Nel pomeriggio del giorno seguente<br />

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