LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani
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Giganti per esempio, è arrivato tranquillamente fino in Istria”.<br />
Sempre la Plahuta racconta: “Nel gruppo di Lojzeta Bukavca c’erano sei<br />
internati. Questo gruppo si è alleato con i partigiani italiani e sono rimasti lì<br />
invece di tornare a casa. Si sa che alcuni di loro sono tornati in Jugoslavia<br />
via mare.<br />
Nell’estate del ’44 c’erano settecento internati, che da Roma, sono passati<br />
verso Bologna. Lì, nelle baracche, si sa che c’erano anche persone di Cassino<br />
e dintorni. Quando l’Italia ha perso la guerra, nel campo si provava un gran<br />
sollievo. La direzione del campo si è sciolta. Gli internati si sono spartiti i<br />
viveri e biancheria. Il giorno dopo la caduta dell’Italia nel campo sono<br />
subentrati i tedeschi. La guardia italiana è fuggita dal campo seguita da alcuni<br />
prigionieri”.<br />
“L’amministrazione del campo s’è dunque trovata di fronte ad una fuga<br />
disorganizzata - come scrive nelle sue memorie Jolanda Simscic - I tedeschi<br />
infatti avevano deciso di rimandare gli internati a gruppi e attendevano istruzioni<br />
e il via da Nova Gorica.<br />
Il primo gruppo a partire fu il gruppo Primorak, facilitato dalla conoscenza<br />
della lingua. Il giorno dopo i primi gruppi di internati sono arrivati a Roma<br />
e da lì si sono mossi verso Trieste e poi verso casa.<br />
Dal campo a Roma sono andati con il treno preso alla stazione di Frosinone.<br />
Il gruppo dove ha viaggiato Simciceva è stato qualche giorno fermo in un<br />
convento, dopodichè ha proseguito col treno fino a Bologna, sotto i bombardamenti<br />
proprio in quel giorno, e poi fino a Gorizia.<br />
I maschi erano rimasti in Italia per i documenti per il rimpatrio. Entro<br />
Dicembre ’43 tutti i gli sloveni hanno abbandonato il campo. Altri internati,<br />
provenienti da Tripoli, sono rimasti nel campo fino a primavera del ’44,<br />
dopodichè sono stati trasferiti nel campo di Carpi, vicino Modena”.<br />
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