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58° Congresso Nazionale SCIVAC: Oncologia veterinaria

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58° <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong> • Milano, 7-9 Marzo 2008 • <strong>Oncologia</strong> <strong>veterinaria</strong> - Alle soglie del III Millennio<br />

gliore conoscenza dei meccanismi molecolari coinvolti nella crescita tumorale<br />

e nello sviluppo di metastasi e ha permesso lo sviluppo di nuovi agenti antitumorali,<br />

che inibiscono selettivamente i bersagli biochimici della neovascolarizzazione.<br />

Dal momento che un tumore non può crescere oltre 1 mm 3<br />

senza un adeguato supporto sanguigno, è cruciale ai fini della progressione<br />

neoplastica la neoangiogenesi, ovvero lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni a<br />

partire da vasi preesistenti. La regolazione dell’angiogenesi è un processo<br />

complesso e rappresenta il risultato di un bilancio operato da peptidi stimolanti<br />

(tra cui Vascular Endothelial Growth Factor [VEGF], Fibroblastic<br />

Growth Factor [FGF], IL-4, IL-8) e fattori endogeni inibenti, tra cui trombospondina,<br />

angiostatina ed endostatina. Nell’angiogenesi tumore-associata tale<br />

bilancio risulta alterato secondariamente a ridotta produzione di fattori ad<br />

attività inibente, o eccessiva produzione e liberazione di sostanze ad azione<br />

proangiogenica. Gli inibitori dell’angiogenesi identificati ad oggi comprendono:<br />

inibitori naturali (angiostatina, endostatina), farmaci ad attività angiosoppressiva<br />

già utilizzati per patologie non neoplastiche (talidomide, minocicline),<br />

farmaci citotossici con parziale attività di inibizione dell’angiogenesi<br />

(tamoxifene, paclitaxel, retinoidi), nuovi agenti specificamente sviluppati come<br />

inibitori dell’angiogenesi (anticorpi monoclonali umanizzati anti VEGF e<br />

anti bFGF), e farmaci a bersaglio vascolare (immunoconiugati che selettivamente<br />

occludono i vasi sanguigni intratumorali).<br />

Attualmente è difficile e prematuro stabilire se i nuovi farmaci non chemioterapici<br />

saranno in grado di cambiare significativamente la prognosi delle<br />

neoplasie maligne non emopoietiche. Tra le nuove possibili strategie terapeutiche<br />

vi è l’impiego di tali agenti per tempi prolungati con l’obiettivo di "cronicizzare"<br />

la malattia neoplastica attraverso una protratta inibizione della crescita<br />

tumorale senza pretendere la completa regressione della malattia. La rapida<br />

riduzione della massa tumorale che avviene talvolta impiegando la chemioterapia<br />

è infatti invariabilmente seguita da una inesorabile recidiva difficilmente<br />

trattabile (perché chemioresistente). Alla luce di quanto osservato, le<br />

attuali strategie terapeutiche in medicina umana prevedono l’impiego combinato<br />

(sinergico) di chemioterapici e farmaci mirati. Infatti, mentre i primi sono<br />

citotossici, i secondi sono citostatici. Quindi, con la chemioterapia tradizionale<br />

ci si prefigge l’obiettivo di uccidere le cellule neoplastiche, al contrario<br />

per molti di questi nuovi approcci antineoplastici l’uccisione cellulare è un<br />

endpoint molto meno rilevante.<br />

A questo proposito sembra quindi necessario modificare il disegno degli<br />

studi prevedendo nella valutazione più che il tasso di risposta alla terapia il<br />

tempo alla progressione ed il beneficio clinico. Inoltre, i futuri trials clinici<br />

dovranno essere disegnati non solo per ottenere una valutazione dell’efficacia<br />

dei farmaci ma anche per individuare i determinanti biologici e molecolari<br />

della malattia e le caratteristiche genetiche del paziente predittivi della rispo-<br />

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