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LA FLORA ESOTICA LOMBARDA - Comune di Milano

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poligono<br />

della<br />

pennsylvania<br />

Famiglia: Polygonaceae<br />

Nome scientifico: Persicaria pensylvanica (L.) M.Gómez<br />

Nome volgare: poligono della Pennsylvania<br />

Basionimo: Polygonum pensylvanicum L.<br />

Tipo biologico: Tscap<br />

Descrizione: Pianta erbacea annuale, alta 10-200 cm, con fusto ascendente o eretto, glabro o <strong>di</strong>stalmente provvisto <strong>di</strong><br />

pubescenza appressata o peli ghiandolari. Foglie alterne con ocrea (guaina tubolare derivata dalla fusione delle stipole,<br />

tipica delle Polygonaceae) lunga 5-20 mm, brunastra, troncata all’apice, non fimbriata (o con fimbrie brevissime); lamina<br />

lanceolata, 4-17(-23)×(0.5-)1-4.8 cm, a volte con una chiazza scura a V rovesciata sulla pagina superiore e con ghiandole<br />

sull’inferiore, subsessile o con breve picciolo lungo fino a 0.1-2(-3) cm. Infiorescenze spiciformi, terminali e ascellari, dense,<br />

erette o raramente nutanti, lunghe 0.5-5 cm, con ghiandole stipitate; perianzio da bianco-verdastro a rosato. Il frutto è un<br />

achenio <strong>di</strong>scoidale, raramente trigono, lungo 2.1-3.4 mm, marrone o nero, lucido.<br />

Periodo <strong>di</strong> fioritura: giugno-settembre.<br />

Area d’origine: Nordamerica.<br />

Habitat: Sabbia umida, ciottoli e pietrisco, sui greti.<br />

Distribuzione nel territorio: In espansione lungo il Ticino, il Po e i principali fiumi (0-500 m s.l.m.). Bergamo (NAT), Cremona<br />

(NAT), <strong>Milano</strong> (INV), Varese (INV).<br />

Periodo d’introduzione: Neofita, segnalata per la prima volta in Italia (Friuli-Venezia Giulia) da Melzer (1988), in Lombar<strong>di</strong>a<br />

da Banfi & Galasso (2005); in seguito Brusa & Galasso (2006) ne hanno precisato l’areale lombardo. Le prime osservazioni<br />

regionali risalgono al 2002.<br />

Modalità d’introduzione: Accidentale.<br />

Status: Invasiva.<br />

Dannosa: Potenzialmente.<br />

Impatto: Deprime la bio<strong>di</strong>versità delle cenosi in cui si inse<strong>di</strong>a, a scapito delle specie autoctone.<br />

Azioni <strong>di</strong> contenimento: Le uniche azioni proponibili rientrano nel quadro <strong>di</strong> un recupero generale degli ambienti umi<strong>di</strong>.<br />

Note: Specie allotetraploide e morfologicamente variabile, al cui interno gli autori nordamericani hanno spesso accettato 3-4 varietà, che risultano<br />

tuttavia basate su caratteri non costanti (sia fra le popolazioni sia al loro interno) e quin<strong>di</strong> sistematicamente non significative (Hinds & Freeman,<br />

2005). Può essere confusa con l’autoctona P. lapathifolia (L.) Delarbre, dalla quale si <strong>di</strong>stingue agevolmente per i fiori più gran<strong>di</strong>, le infiorescenze<br />

pressoché erette e la presenza <strong>di</strong> evidenti peli ghiandolari (col peduncolo > del <strong>di</strong>ametro della ghiandola) sulla parte superiore del fusto, sui rami<br />

dell’infiorescenza e sui pe<strong>di</strong>celli fiorali; inoltre i tepali esterni hanno nervature non prominenti e non terminanti ad ancora.<br />

In Lombar<strong>di</strong>a è stata osservata come casuale P. orientalis (L.) Spach (= Polygonum o. L.; poligono orientale), coltivata per ornamento e avventizia<br />

presso le abitazioni, che si <strong>di</strong>stingue per le foglie ovate, larghe 3-17 cm, con l’ocrea all’apice espansa in un’ala fogliacea verde. Nel limitrofo Veneto è<br />

presente anche P. bungeana (Turcz.) Nakai (= Polygonum b. Turcz.; poligono <strong>di</strong> Bunge), infestante le colture <strong>di</strong> mais, caratterizzata dal fusto provvisto<br />

<strong>di</strong> spinule ricurve (Galasso & Tomasi, 2007).<br />

Bibliografia: Banfi & Galasso, 2005; Brusa & Galasso, 2006; Galasso, 2009; Galasso & Tomasi, 2007; Hinds & Freeman, 2005; Melzer, 1988<br />

poligono<br />

<strong>di</strong> boemia<br />

Famiglia: Polygonaceae<br />

Nome scientifico: Reynoutria bohemica Chrtek & Chrtková, pro hybr.<br />

Nome volgare: poligono <strong>di</strong> Boemia<br />

Sinonimo: Fallopia bohemica (Chrtek & Chrtková) J.P.Bailey, pro hybr.<br />

Polygonum bohemicum (Chrtek & Chrtková) Zika & Jacobson, pro hybr.<br />

Reynoutria ×vivax auct., non J.Schmitz & Strank<br />

Fallopia japonica × sachalinensis<br />

Tipo biologico: Grhiz<br />

Descrizione: Pianta erbacea perenne, rizomatosa, alta fino a 2-3(-3.5) m, con fusti eretti e ramificati. Foglie alterne con ocrea<br />

(guaina tubolare derivata dalla fusione delle stipole, tipica delle Polygonaceae) lunga 4-6(-10) mm, bruna, obliqua all’apice,<br />

non fimbriata; lamina ovata, (15-)20-25(-30)×12-20(-23) cm, leggermente cordata o cordato-troncata alla base e lungamente<br />

acuminata all’apice, non o solo leggermente cuspidato-caudata; nervature della pagina inferiore con peli unicellulari, corti e<br />

rigi<strong>di</strong>, ingrossati alla base; nervature terziarie e quaternarie poco visibili sulla pagina superiore; picciolo <strong>di</strong> 1-3 cm, alla base con<br />

una fossetta nettarifera sul lato esterno. Infiorescenze panicoliformi, lunghe 4-12 cm, ascellari e terminali; fiori funzionalmente<br />

unisessuali (su una stessa pianta possono essere presenti entrambi i tipi <strong>di</strong> fiori o soltanto quelli femminili); tepali 5, bianchi<br />

o bianco-verdastri, i 3 esterni leggermente alati e accrescenti nel frutto; stami 8, sporgenti dai tepali (nei fiori maschili) o più<br />

brevi e ridotti a stamino<strong>di</strong> (in quelli femminili). Il frutto è un achenio marrone scuro, trigono, lungo 2.6-3.2 mm, liscio e lucido.<br />

Periodo <strong>di</strong> fioritura: luglio-ottobre.<br />

Area d’origine: Sconosciuta, probabilmente orticola (in Europa).<br />

Habitat: Fiumi, margini, incolti.<br />

Distribuzione nel territorio: Lombar<strong>di</strong>a occidentale, nelle fasce planiziale e collinare (50-600 m s.l.m.). Monza e Brianza<br />

(INV), <strong>Milano</strong> (INV), Pavia (INV), Varese (INV).<br />

Periodo d’introduzione: Neofita, introdotta od originatasi in Europa a fine Ottocento: esiste un campione raccolto in<br />

Inghilterra nel 1872 (Bailey & Conolly, 2000). In Italia è naturalizzata forse già dal 1933, anche se i primi campioni d’erbario visti<br />

sono del 1977; i primi campioni lombar<strong>di</strong> sono del 2006 (Vaccaneo 1933, Padula et al., 2008). Segnalata per la prima volta in<br />

Italia (e in Lombar<strong>di</strong>a) da Garibol<strong>di</strong> et al., (2007) e Padula et al. (2008).<br />

Modalità d’introduzione: Deliberata, per floricoltura.<br />

Status: Invasiva.<br />

Dannosa: Sì.<br />

Impatto: I popolamenti densi che forma costituiscono ovunque una minaccia per le flore e le vegetazioni in<strong>di</strong>gene,<br />

causando una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità. È specie inclusa nella lista nera delle specie alloctone vegetali oggetto <strong>di</strong> monitoraggio,<br />

contenimento o era<strong>di</strong>cazione, allegata alla l.r. 10/2008 della Lombar<strong>di</strong>a.<br />

Azioni <strong>di</strong> contenimento: È specie <strong>di</strong>fficile da eliminare, in quanto ogni pianta produce rizomi in un raggio <strong>di</strong> 7 m e fino a<br />

una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 3 m. Bisogna cercare innanzitutto <strong>di</strong> non <strong>di</strong>ffondere i rizomi: piccoli frammenti possono dare vita a nuovi<br />

in<strong>di</strong>vidui. Tutte le parti della pianta devono essere incenerite, in nessun caso compostate. Secondo quanto riportato sul sito<br />

svizzero CPS (http://www.cps-skew.ch/), le strategie per impe<strong>di</strong>re l’espansione dei poligoni comprendono la lotta meccanica<br />

(con tagli mensili per almeno 5 anni consecutivi che indeboliscano i rizomi), il pascolo caprino e ovino, la lotta chimica.<br />

Note: Il genere Reynoutria è estremamente variabile per morfologia e numero cromosomico, originando così una confusione tassonomica e<br />

una <strong>di</strong>fficoltà nel determinare i limiti tra le specie; inoltre l’ibridazione infraspecifica è relativamente comune. Il carattere <strong>di</strong>acritico principale<br />

per il riconoscimento delle specie è quello relativo alla forma delle lamine delle foglie me<strong>di</strong>ane del fusto, che purtroppo solo raramente sono<br />

raccolte e conservate negli erbari. Inoltre può essere presa in considerazione la pelosità della pagina inferiore, mentre quella della superiore e<br />

dei margini non è <strong>di</strong>agnostica. I peli possono essere osservati agevolmente fin verso metà settembre, soprattutto lungo le nervature della metà<br />

inferiore della lamina; in seguito tendono a cadere. Tuttavia, in alcuni casi (probabilmente nelle aree meno piovose o maggiormente soleggiate)<br />

questa caduta è molto precoce, realizzandosi già all’inizio <strong>di</strong> agosto. Questa entità è generalmente considerata un ibrido. In effetti deriva da R.<br />

japonica × sachalinensis e si riproduce prevalentemente per via vegetativa (fusti e rizomi) essendo per lo più sterile; tuttavia ha ormai raggiunto<br />

un comportamento autonomo completamente svincolato dalle specie parentali e maggiormente invadente <strong>di</strong> esse nelle comunità naturali,<br />

mostrando quin<strong>di</strong> le caratteristiche <strong>di</strong> una vera e propria specie.<br />

Bibliografia: Bailey, 2008; Bailey & Conolly, 2000; Barney et al., 2006; Beerling et al., 1994; Garibol<strong>di</strong> et al., 2007; Padula et al., 2008; Vaccaneo, 1933<br />

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