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LA FLORA ESOTICA LOMBARDA - Comune di Milano

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Milioni d’anni <strong>di</strong> evoluzione biologica sul nostro pianeta hanno creato quella <strong>di</strong>versità della vita<br />

dalla quale ha preso forma anche la nostra specie. Una <strong>di</strong>versità fatta <strong>di</strong> numeri (le specie, appunto)<br />

e <strong>di</strong> interazioni (predazione, <strong>di</strong>fesa, competizione, esclusione, intesa, collaborazione, simbiosi) spesso<br />

incre<strong>di</strong>bilmente complesse e articolate, dal livello molecolare a quello ecosistemico. Il tutto, oggi lo<br />

possiamo sostenere senza il timore <strong>di</strong> essere tacciati <strong>di</strong> animismo o <strong>di</strong> connivenza con l’intelligent<br />

design, anche sulla base <strong>di</strong> una “intelligenza” in natura, il cui campo <strong>di</strong> ricerca costituisce uno dei<br />

principali argomenti <strong>di</strong> frontiera della biologia attuale.<br />

Per le piante, nella fattispecie, l’ambiente fisico è stato l’interlocutore <strong>di</strong>retto e imme<strong>di</strong>ato non solo del<br />

loro evolvere, ma pure dei <strong>di</strong>versi, interminabili modelli <strong>di</strong> organizzazione spaziale generati dall’obbligo<br />

<strong>di</strong> convivenza sul terreno. Così, in ogni area del pianeta e in <strong>di</strong>pendenza dai fattori ambientali, la<br />

spartizione dello spazio fra le piante ha dato forma a ciò che siamo usi chiamare vegetazione, vale<br />

a <strong>di</strong>re ai sistemi <strong>di</strong> comunità vegetali (fitocenosi) quale risultato <strong>di</strong> “civile” convivenza tra specie<br />

reciprocamente interagenti. Si è trattato <strong>di</strong> processi lenti e graduali, spesso interrotti e ri<strong>di</strong>rezionati dai<br />

gran<strong>di</strong> eventi naturali (orogenesi, vulcanismo, ingressioni e regressioni marine, glaciazioni ecc.), in tutti i<br />

casi mai paragonabili ai risultati della più recente causa mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> mutamenti: l’azione umana.<br />

Sarebbe davvero affascinante ripercorrere evoluzione e spostamenti della nostra specie, a partire dal<br />

continente africano <strong>di</strong> qualche centinaio <strong>di</strong> migliaia d’anni fa, per capire da quando e in che misura<br />

certe piante abbiano imparato a convivere con noi, marcando la nostra storia ed entrando nella nostra<br />

cultura. Sta <strong>di</strong> fatto che a causa <strong>di</strong> Homo sapiens gli equilibri naturali sono progressivamente saltati<br />

senza possibilità, per le piante, <strong>di</strong> riorganizzare in modo stabile le loro comunità naturali e oggi, nell’era<br />

della globalizzazione, pren<strong>di</strong>amo atto che la vegetazione, specialmente quella che ci sta intorno, appare<br />

sempre più globale e omologata, un dominio <strong>di</strong> poche specie ubiquiste, largamente <strong>di</strong>ffuse sul pianeta.<br />

Identificare le comunità originali <strong>di</strong> piante in qualunque territorio civilizzato è ormai una sfida<br />

che vede impegnate, oltre all’esperienza botanica, le <strong>di</strong>fferenti competenze <strong>di</strong>sciplinari invocate<br />

soprattutto nella ricostruzione del passato. La ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> questo sconvolgimento, in sostanza il<br />

degrado della vegetazione autoctona, è portata dall’esotismo che deriva dall’inse<strong>di</strong>amento stabile,<br />

paesaggisticamente determinante, <strong>di</strong> piante provenienti da terre lontane, estranee alla primor<strong>di</strong>alità del<br />

territorio. A un’avanguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> vegetazione autoctona ormai <strong>di</strong>sorganizzata, indebolita e compromessa,<br />

le aliene rispondono espandendosi e conquistando passo a passo il territorio. Così la gaggìa (Robinia<br />

pseudoacacia) e l’uva turca (Phytolacca americana), entità americane immortalate da Alessandro<br />

Manzoni, assieme al cinese albero del para<strong>di</strong>so (Ailanthus altissima) hanno inesorabilmente trasformato<br />

il paesaggio lombardo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.

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