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La Fanciulla del West, - Università degli studi di Pavia

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ILARIA CASTELLAZZI, <strong>La</strong> fanciulla <strong>del</strong> <strong>West</strong>, tra musica e messa in scena 100<br />

René Leibowitz sintetizza il carattere dominante <strong>del</strong> suo<br />

linguaggio musicale nella definizione secondo la quale «non v’è<br />

forse opera più ambigua <strong>di</strong> Pélleas», affermando, a proposito<br />

<strong>del</strong>la scrittura vocale, che vi si trova «negata la famosa<br />

caratterizzazione dei personaggi attraverso i mezzi sonori»,<br />

negazione che «[...] risulta da una specie <strong>di</strong> neutralizzazione<br />

<strong>del</strong> <strong>di</strong>scorso vocale». 99 I detrattori <strong>di</strong> Puccini, che, dopo il<br />

debutto <strong>di</strong> <strong>Fanciulla</strong> <strong>del</strong> <strong>West</strong>, videro nell’innovativo<br />

linguaggio musicale <strong>del</strong>l’opera la decisa, inconfutabile<br />

influenza <strong>di</strong> Debussy (tra essi, ad esempio, <strong>La</strong>wrence Gilman,<br />

che scriveva: «in complesso c’è troppo Debussy per chiunque<br />

conosca la tipica capacità d’espressione <strong>di</strong> Puccini») 100<br />

mostrarono <strong>di</strong> non aver compreso che, in realtà, il compositore<br />

fuggiva proprio quell’uniformità <strong>di</strong> «tinta musicale»<br />

riscontrabile in Pélleas; quanto all’aspetto tecnico, non è certo<br />

<strong>Fanciulla</strong> la prima opera pucciniana ad accogliere l’impiego<br />

<strong>del</strong>la gamma per toni interi o l’uso <strong>di</strong> particolari proce<strong>di</strong>menti<br />

armonici (come gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> nona costruiti sui gra<strong>di</strong> secondari<br />

<strong>del</strong>la scala), benché, sotto il profilo armonico e timbrico, vada<br />

riconosciuta l’eccezionale modernità e qualità <strong>del</strong>la partitura<br />

<strong>del</strong>l’opera western. Puccini trasse, indubbiamente, spunti dal<br />

sistema musicale debussyano, che <strong>di</strong>mostrò <strong>di</strong> conoscere in<br />

modo approfon<strong>di</strong>to; allo stesso modo, e proprio in virtù <strong>di</strong> tale<br />

conoscenza, il compositore toscano poté prenderne le <strong>di</strong>stanze,<br />

in considerazione, soprattutto, <strong>del</strong>le assai limitate soluzioni<br />

offerte da un tale tipo <strong>di</strong> linguaggio.<br />

Puccini si mosse, in effetti, sempre in <strong>di</strong>rezione <strong>del</strong><br />

raggiungimento <strong>di</strong> risultati che dessero prova <strong>di</strong> novità e<br />

versatilità: l’inizio <strong>del</strong> nuovo secolo portava con sé un’ansia <strong>di</strong><br />

cambiamento che non lo lasciava affatto in<strong>di</strong>fferente, anche in<br />

considerazione <strong>del</strong> fatto che, per sua stessa natura, Puccini<br />

tendeva ad un continuo rinnovamento e superamento <strong>di</strong> sé.<br />

Quest’inquietu<strong>di</strong>ne, che, come si è visto, si rifletteva<br />

nell’indecisione riguardo al nuovo dramma da mettere in<br />

99 RENÉ LEIBOWITZ, Histoire de l’opéra, Paris, E<strong>di</strong>tions Buchet-Chastel, 1957,<br />

trad. italiana <strong>di</strong> M.G.De’ Furlani, Storia <strong>del</strong>l’opera, Milano, Garzanti, 1966,<br />

pp. 319-331.<br />

100 Da un articolo apparso il 17 <strong>di</strong>cembre 1910 sul settimanale newyorkese<br />

«Harper’s Weekly».

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