La Fanciulla del West, - Università degli studi di Pavia
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ILARIA CASTELLAZZI, <strong>La</strong> fanciulla <strong>del</strong> <strong>West</strong>, tra musica e messa in scena 64<br />
pensieri che attraversano la mente <strong>del</strong>lo sceriffo, egli esce dal<br />
locale, seguito dal «Buona fortuna!» <strong>di</strong> Nick; l’apparente<br />
in<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Johnson viene smentita dal «tema per toni<br />
interi» che si leva in orchestra, a simboleggiare le<br />
contrad<strong>di</strong>zioni che iniziano ad agitarsi nell’animo <strong>del</strong>l’uomo<br />
[95]. Qualcosa sta cambiando.<br />
«Ciò che avremmo potuto essere»<br />
<strong>La</strong> quiete ri<strong>di</strong>scende infine sulla «Polka»; i gesti <strong>di</strong> Nick,<br />
intento a spegnere silenziosamente i lumi <strong>del</strong>le sale, riportano<br />
ad una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> tranquilla quoti<strong>di</strong>anità. Eppure, allo<br />
stesso tempo, l’atmosfera appare come sospesa; il valzer che<br />
Minnie e Johnson avevano danzato insieme viene ripreso,<br />
dolce, dall’oboe, con un accompagnamento in terzine, affidato a<br />
viole e violini secon<strong>di</strong>, <strong>del</strong>icato come una nenia [96]; la melo<strong>di</strong>a<br />
passa all’avvolgente sonorità <strong>del</strong> violino (dolcissimo [97]) nel<br />
momento in cui Minnie entra in scena.<br />
Lei e Johnson sono rimasti soli; la mise en scène descrive i<br />
loro gesti, ancora velati da un timido imbarazzo, ma sempre più<br />
rivelatori <strong>del</strong> sentimento che sta nascendo. Minnie siede al<br />
tavolo <strong>del</strong> ‘Faraone’, sul quale l’uomo ha posato la sella;<br />
Johnson vi si appoggia, a sua volta, rimanendo, però, all’angolo<br />
<strong>del</strong> tavolo, come se il proprio turbamento, accresciuto dal<br />
terribile segreto ch’egli custo<strong>di</strong>sce, gli impe<strong>di</strong>sse <strong>di</strong> avvicinarsi<br />
troppo alla ragazza. Il suo sguardo, in compenso, non la lascia<br />
per un istante: leggiamo, infatti, che «Johnson la contemple<br />
avec un interêt toujours croissante».<br />
Il valzer viene ripreso ancora, questa volta affidato al<br />
violoncello [98], svolgendosi nel registro basso, come un<br />
pensiero inespresso; Minnie ritorna, quin<strong>di</strong>, verso il bancone,<br />
per riporre gli incassi <strong>del</strong>la serata, esprimendo, attraverso tale<br />
gesto come con le parole, la propria fiducia nell’uomo («Io<br />
sento che <strong>di</strong> voi mi fiderei, benché non so chi siate» [100]). A<br />
questo punto Johnson, confessando «non so ben neppur io quel<br />
che sono» [101], descrive, con uno slancio che si comunica<br />
prontamente all’orchestra, il proprio amore per la vita; Minnie,<br />
lentamente, si sposta al tavolo <strong>di</strong> destra, ove siede, come<br />
incantata, per ascoltarlo <strong>di</strong>re «cose tanto belle, che forse non