La Fanciulla del West, - Università degli studi di Pavia
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ILARIA CASTELLAZZI, <strong>La</strong> fanciulla <strong>del</strong> <strong>West</strong>, tra musica e messa in scena 12<br />
<strong>del</strong>l’Opéra <strong>di</strong> Parigi. 19 <strong>La</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>osa mette l’accento su quella che<br />
chiama «visual palpability», <strong>di</strong>mostrandone la centralità nelle<br />
mises en scène francesi; è necessario, infatti, ricordare l’alto<br />
livello <strong>di</strong> importanza acquisito, nel teatro d’oltralpe,<br />
dall’elemento visivo, soprattutto per quanto riguarda il genere<br />
<strong>del</strong> grand-opéra. Proprio tale rilevanza spiegherebbe, inoltre, la<br />
grande <strong>di</strong>ffusione <strong>del</strong>la pratica <strong>di</strong> compilare accurati livrets<br />
scéniques che, come si è visto, caratterizzò il teatro francese a<br />
partire dal terzo decennio <strong>del</strong> XIX secolo. Mettendo a<br />
confronto le due mises <strong>di</strong> Vêpres Siciliennes e Le Trouvère<br />
emerge un <strong>di</strong>verso trattamento <strong>del</strong>la componente visiva<br />
<strong>del</strong>l’opera, la cui maniera appare assai meno accessibile nel<br />
caso de Le Trouvère: caratteristica non attribuibile ad una<br />
circostanza fortuita, poiché quest’ultima opera non venne<br />
«pensata» per l’Opéra né venne allestita per la prima volta a<br />
Parigi (la prima rappresentazione fu data, infatti, a Roma, al<br />
Teatro Apollo). Smith fa notare, a questo proposito, la totale<br />
assenza <strong>del</strong> termine «pantomima» nell’intero livret de mise en<br />
scène: un’ulteriore conferma <strong>del</strong>le profonde <strong>di</strong>fferenze che<br />
intercorrevano tra i tipici allestimenti <strong>del</strong> grand-opéra francese<br />
(all’interno dei relativi livrets, ricchi <strong>di</strong> enfatica gestualità, tale<br />
termine compariva in abbondanza) e quelli <strong>di</strong> impronta<br />
«italiana».<br />
È bene, comunque, evitare generalizzazioni e definizioni<br />
troppo nette: bisogna, infatti, considerare i cambiamenti<br />
intervenuti nel trattamento <strong>del</strong>le scene, dovuti all’evoluzione<br />
<strong>del</strong>la pratica scenica all’Opéra <strong>di</strong> Parigi. Numerose <strong>di</strong>fferenze,<br />
ascrivibili a fattori <strong>di</strong>versi, intercorrono fra i livrets scéniques<br />
<strong>del</strong> primitivo grand-opéra e quelli databili intorno alla metà <strong>del</strong><br />
secolo. Per questo motivo, la maggiore o minore aderenza alle<br />
consuetu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> allestimento francesi <strong>del</strong>le opere ver<strong>di</strong>ane va<br />
letta in una prospettiva per così <strong>di</strong>re «multipla», comprendente<br />
la mano <strong>del</strong> compositore e quella <strong>del</strong> régisseur, la maniera<br />
visiva e gestuale <strong>di</strong> un genere o <strong>di</strong> una determinata epoca, la<br />
consuetu<strong>di</strong>ne «registica» <strong>del</strong> teatro ospitante la première e,<br />
19 MARIAN SMITH, Ballet, opera and staging practices at the Paris Opéra, in <strong>La</strong><br />
realizzazione scenica <strong>del</strong>lo spettacolo ver<strong>di</strong>ano, cit., pp. 272-318.