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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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che ti hanno derubato? Ma glielo hai detto che la disonestà<br />

non l’hai conosciuta né da tuo padre né da me?<br />

Giovanna aveva la giacca di Pietro tra le mani e la rigirava<br />

da una parte all’altra.<br />

– Il maresciallo non ci crede al furto delle mie pecore,<br />

ha detto ch’è una mia invenzione.<br />

– Una invenzione? – gridò ancora Giovanna. – Ma lo<br />

sa lui quanto sono costate quelle pecore in fatica, fame e<br />

freddo? Lo sa quello che ho sperato pensando a quelle pecore?<br />

Non te le sai dare le tue ragioni?<br />

– Le mie ragioni! E chi le sente, – disse Pietro prendendole<br />

dalle mani la giacca. Si sedette e, come se parlasse<br />

fra sé, continuò: – Quando l’annata non è buona, contro<br />

chi te la prendi? Ti disperi e invochi aiuto, ma chi ti<br />

sente? Il cielo non si accorge neanche che esiste un povero<br />

Pietro disperato.<br />

Giovanna non riusciva a contenere la sua agitazione. Si<br />

levò in piedi e disse: – Ci vado io dal maresciallo.<br />

– Potete urlare quanto volete, non vi ascolta, – disse<br />

Pietro, – nessuno ascolta le disgrazie degli altri, nessuno<br />

le comprende. Ho chiesto lavoro al prete e mi è venuto<br />

fuori con l’ira di Dio; ho chiesto aiuto a Zenosu Manca e<br />

mi ha risposto che la mia non è una sventura; il maresciallo<br />

poi mi ha parlato del mio sangue avvelenato dall’odio<br />

contro i carabinieri.<br />

Giovanna seguiva quei discorsi piena d’angoscia.<br />

– Cerca di calmarti, – gli disse, – ti trema anche la voce.<br />

bisogna fare qualcosa. Quel foglio mi fa paura, ci sono<br />

gli articoli della legge e quando ci mettono quelli vuol dire<br />

che la cosa è grave. Chiedere a qualcuno bisogna, non<br />

possiamo starcene così.<br />

100<br />

– È inutile chiedere, – disse Pietro scuotendo la testa<br />

– chi mi ha dato mai una mano?<br />

– Ho dato quando ho potuto, ora ho bisogno e chiedo.<br />

Devi andare subito da Lillinu Satta, il Sindaco, e fargli vedere<br />

quel foglio, lui di leggi se ne intende. Io vado in caserma,<br />

– disse Giovanna prendendo lo scialle che teneva a<br />

portata di mano. Pietro avrebbe voluto fare qualcosa per<br />

solleva sua madre.<br />

– Vado da Lillinu, – disse, – ma voi non andate in caserma,<br />

avrete solo umiliazioni.<br />

Ma Giovanna era già uscita avvolta nello scialle nero.<br />

Pietro si spolverò l’abito e uscì anche lui, socchiudendo la<br />

porta. Né l’uno né l’altra quel giorno avevano toccato cibo.<br />

XX<br />

La casa di Lillinu Satta era antica, una delle prime costruite<br />

nel paese. Del tempo portava i segni sui muri laterali,<br />

solcati da profonde fenditure, sulle tegole ricoperte<br />

di muschio, sulle piccole finestre un po’ sghembe del<br />

piano superiore, e sulla scala di pietra coi gradini massicci<br />

e scabri levigati solo al centro. Al piano terra, in un vasto<br />

camerone che arrivava fino al sottoscala, c’era la bettola,<br />

nata forse insieme alla casa. Gli archi che sostenevano<br />

il soffitto conferivano al locale una certa eleganza.<br />

Dietro il bancone si alternavano Bustianu, fratello di<br />

Lillinu, e il vecchio padre, gli altri fratelli lavoravano fuori:<br />

uno faceva il falegname, l’altro il fabbro; l’unica sorella<br />

era suora, in un convento del continente. Pietro entrò<br />

nella bettola e chiese a Bustianu se il Sindaco era in casa.<br />

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