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pendii che digradavano verso Lollovi: le chiazze bianche<br />
sulle fronde dei cisti e sulle cime delle rocce sembravano<br />
velli di pecore sbranate. Le terre di Sa Matta non davano<br />
pascoli buoni, le prendevano solo i pastori più poveri: non<br />
c’era acqua e l’erba vi cresceva a stento anche nelle annate<br />
abbondanti. Pietro aveva sistemato il suo ovile proprio<br />
sul colle più alto, a ridosso del nuraghe diroccato. La capanna,<br />
costruita con le pietre raccolte qua e là, era ricoperta<br />
di frasche di lentischio.<br />
Dentro il recinto, Pietro ogni tanto si passava stancamente<br />
il dorso della mano sulla fronte, come per liberarsi<br />
dai pensieri che l’opprimevano. Si era ridotto a venti pecore;<br />
poteva ricavare solo pochi litri di latte al giorno e per<br />
pagare i pascoli ne occorrevano quasi cinquanta, come voleva<br />
il contratto. Insieme a Remendone aveva frugato ogni<br />
angolo di Sa Matta. Le tracce si perdevano sulla strada per<br />
Lollovi. Nessuno aveva visto o sentito niente, come se<br />
quelle pecore le avesse inghiottite la terra. Remendone era<br />
dovuto rientrare in paese ed egli aveva continuato da solo,<br />
correndo per dirupi e valloni alla ricerca di un segno qualsiasi.<br />
La sua corsa disperata non aveva soste neanche la notte.<br />
Quando si sentiva sfinito si lasciava cadere sotto un albero<br />
o dentro una grotta per riprendere fiato.<br />
– Non abbiamo visto niente, – gli ripetevano i pastori,<br />
commiserandolo. Alla fine era ritornato nel suo ovile<br />
con gli abiti a brandelli e aveva contato un’altra volta le<br />
pecore rimaste.<br />
Afferrò il paiuolo e risalì verso la capanna. Mandò Pascaleddu<br />
al caseificio, ma non ripeté le raccomandazioni di<br />
sempre. Non aveva voglia di mangiare. Socchiuse la porticina<br />
della capanna e raggiunse le pecore. Si arrampicò in<br />
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cima al rocciaio degli astori e si mise al riparo dentro una<br />
nicchia. Non nevicava più, anzi verso la vallata si erano liberate<br />
ampie strisce di cielo. Si potevano vedere i pendii<br />
dei colli innevati e le greggi degli altri pastori che scendevano<br />
a valle; il vento portava i rintocchi delle scuri che cimavano<br />
gli olivastri nell’altro versante del colle. Il gregge<br />
di Pietro era tutto lì, sparuto e misero: correva da una parte<br />
all’altra per scovare qualche ciuffo d’erba fra i sassi. Con<br />
venti pecore non era possibile fare il pastore, ogni giorno<br />
che passava il fitto del pascolo correva e Pietro ne era terrorizzato.<br />
Quanti sogni aveva fatto quando aveva lasciato<br />
l’ultimo padrone! Sua madre l’aveva benedetto e a lui era<br />
sembrato di possedere un mondo. Le pecore intanto si erano<br />
sparse, ma Pietro non le richiamò com’era solito fare.<br />
Bisognava trovare una via d’uscita. poteva andare a rubare<br />
anche lui: tante gliene avevano portato via, tante se ne riprendeva.<br />
Ma occorreva stare nel lecito. Scese dal rocciaio<br />
e ritornò alla capanna. Guardò il buono del caseificio che<br />
gli porse suo fratello e scosse tristemente la testa.<br />
– È colpa mia, non dovevo allontanarmi, – disse Pascaleddu<br />
picchiandosi il petto col pugno chiuso.<br />
– Smettila di tormentarti, – gli rispose Pietro.<br />
– Io lo so come si può fare per avere un altro gregge,<br />
lasciami andare, faccio da solo.<br />
Pietro non si adirò.<br />
– Bastano i guai che abbiamo. Mettiamoci in cammino,<br />
Giacobbe attende.<br />
Giacobbe pascolava nella valle di Seri e aveva accettato<br />
di prendere le venti pecore di Pietro; in cambio avrebbe<br />
tenuto la metà dei frutti e Pascaleddu come servo.<br />
– Per l’ultima volta ti avverto, fila dritto.<br />
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