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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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te, e una camicia rosso mattone. Pietro si recò anche da lui.<br />

Lo trovò nel magazzino, in mezzo a tanti sacchi accatastati,<br />

damigiane vuote, botti di legno, mucchi di patate e di formaggio<br />

e tant’altra roba. Narciso contava, toccava, annusava<br />

e ogni tanto sembrava scomparire dentro i larghi calzoni.<br />

Quando si accorse di Pietro rimase con gli occhi spalancati<br />

e la bocca sdentata semiaperta. Pietro s’affrettò a dire: – Sono<br />

venuto per chiedervi un’informazione, vado via subito.<br />

– Devo chiudere, – rispose Narciso avviandosi verso<br />

l’uscita.<br />

– Cerco lavoro, – riprese Pietro, – mi adatto a tutto e<br />

non pretendo molto, se potete prendermi, so che avete<br />

molti affari.<br />

Narciso sembrò terrorizzato a sentire quel «molti affari».<br />

– Tiro avanti così, faccio tutto da me...<br />

– Mi sembrate spaventato... cerco solo lavoro, – chiarì<br />

Pietro.<br />

Narciso sarebbe diventato rosso se il pallore terreo del<br />

viso l’avesse permesso; diventò violaceo invece.<br />

– Spaventato? Sono malato... tutto mi fa male...<br />

– Io posso aiutarvi, ho bisogno di lavorare.<br />

– Comprendo bene, ma chieda altrove... devo lasciare<br />

anche quel poco che faccio, va tutto male. Ora mi gira la<br />

testa, devo tornare a casa, – e indicò la porta a Pietro.<br />

Tentò di abbassare la serranda, agitandosi dentro i calzoni,<br />

ma non vi riuscì. Pietro con una manata rabbiosa la<br />

mandò giù lui facendola sbattere sulla soglia con grande<br />

fragore. Narciso voleva dire qualcosa, ma riuscì solo ad allungare<br />

il collo.<br />

Il paese era già sommerso dalle ombre dei monti e il cielo,<br />

come sempre, non aveva colore. A Santana il sole non<br />

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dava albe né tramonti, solo chiarori intensi a mezzogiorno,<br />

che morivano presto sulle macchie oscure dei boschi.<br />

Con Irma Pietro parlò di Narciso e della somiglianza<br />

di questi col giuda dipinto nella chiesa del suo paese. Irma<br />

rideva. Mangiarono insieme la polenta e parlarono ancora.<br />

Poi Pietro andò a letto e Irma, nella sua stanza,<br />

ascoltava i passi che provenivano dal sottotetto.<br />

IX<br />

Nel suo paese era rassegnato: la miseria, le angherie<br />

dei padroni, i ricatti dei caseifici, i furti stessi del bestiame<br />

erano mali antichi, come le siccità, si tramandavano di<br />

padre in figlio in un mondo senza sussulti. Ora non poteva<br />

rassegnarsi. Attendeva impaziente che l’anno di confino<br />

passasse, ma i giorni, le ore, i minuti erano opprimenti<br />

e interminabili. Attendeva anche che rispondesse sua<br />

madre; lui aveva già scritto: «Sto bene, il paese è piccolo,<br />

tanto piccolo che non sembra neanche un paese. Abito in<br />

casa della madre d’un emigrato. Ancora non ho trovato lavoro.<br />

Attendo...» Non aveva lasciato trasparire la sua tristezza,<br />

ma dentro aveva l’inferno.<br />

Giovanna aveva dettato la sua lettera all’impiegato<br />

delle poste.<br />

– Digli che anch’io sto bene e che attendo tranquilla<br />

il suo ritorno. Digli ancora che Pascaleddu è andato in<br />

continente con Anzellu e che sta bene.<br />

Non aveva voluto dire che la banca si era portata via le<br />

pecore e che lei piangeva ogni notte davanti al forno.<br />

Anche Irma attendeva qualcosa, non solo le lettere che<br />

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