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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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nivano dalle donazioni e dai prestiti, ma soprattutto dai<br />

contributi pubblici.<br />

Ora c’era solo un cantiere in attività, ma in periodo di<br />

elezioni erano stati anche cinque e sei. Tutto ciò comportava<br />

viaggi, suppliche, ansie e un gran daffare per il parroco,<br />

il quale riuscì a ottenere l’aiuto di don Fancello con<br />

funzioni di viceparroco. I compiti furono delimitati fin<br />

dai primi giorni. Al viceparroco furono lasciate le pratiche<br />

ordinarie della chiesa: messe, battesimi e matrimoni,<br />

salvo quando si trattava di persone di riguardo. La cura<br />

dei cantieri, i rapporti con le autorità e le messe domenicali<br />

e delle altre solennità furono riservate al parroco, che<br />

dal pulpito consigliava, chiedeva, accusava e minacciava.<br />

Il primo dissenso avvenne quando don Fancello insistette<br />

perché certe richieste non venissero fatte. Don Lovicu se<br />

ne risentì molto: egli avrebbe voluto un viceparroco più<br />

esperto delle cose del mondo, più intraprendente, più diplomatico<br />

insomma. Questo ragazzo che il vescovado aveva<br />

voluto mandargli poteva avere anche qualche buona<br />

qualità, ma era troppo scrupoloso e si appannava a ogni<br />

soffio, come un cristallo pregiato. Ben altro sostegno occorreva<br />

per quella parrocchia, che da qualche tempo sembrava<br />

toccata dal diavolo.<br />

Ma le incomprensioni e le incompatibilità tra il parroco<br />

e il viceparroco erano molto più profonde di quanto non credesse<br />

don Lovicu. Al di là delle età e delle esperienze diverse<br />

c’erano i vizi e le virtù dell’origine che ciascuno si portava<br />

dentro. Gli antenati di don Lovicu, tutti prinzipales, erano<br />

stati uomini accorti, che avevano saputo ingraziarsi i<br />

potenti e imporre i loro voleri ai deboli. Per innalzare il prestigio<br />

della famiglia avevano voluto che un loro discenden-<br />

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te fosse prete e don Lovicu, cui la sorte aveva riservato quel<br />

compito, non deluse e curò le cose delle parrocchie a lui affidate<br />

con lo stesso animo e la stessa perizia con cui suo nonno<br />

e suo padre avevano amministrato le loro tanche. Anch’egli<br />

aveva rispetto per le autorità e elargiva i sacramenti<br />

con la magnanimità di un antico signore, riducendo tutto a<br />

un sapiente calcolo di dare e avere. Don Fancello, invece, si<br />

era fatto prete per vocazione, anche se non era riuscito a cancellare<br />

del tutto il ricordo risentito delle ingiustizie patite<br />

da suo fratello e da suo padre, finiti in carcere insieme agli<br />

altri pastori, quando avevano voluto far resistenza ai padroni<br />

dei pascoli che li avevano cacciati da Isalle. Egli amava<br />

profondamente il prossimo, come prescrivevano i Comandamenti,<br />

ma era convinto che Dio fosse più vicino alla povera<br />

gente e a quelli che soffrivano.<br />

Un’ala della casa parrocchiale era abitata dal parroco,<br />

che viveva con due sorelle e una nipote; l’altra ala era occupata<br />

dalle suore dell’asilo. Il viceparroco era a pensione<br />

in una casetta della piazza Santa Maria. In attesa dei contributi,<br />

don Lovicu si rivolgeva alle banche e ai privati per<br />

non lasciare lavori in sospeso. Quando gli stanziamenti<br />

tardavano egli correva disperato a chiedere proroghe, o<br />

firme di garanzia, o altri prestiti da sostituire a quelli scaduti.<br />

Anche per questo col viceparroco erano sorti contrasti,<br />

ma don Lovicu era convinto che il suo affannarsi fosse<br />

necessario al prestigio della chiesa.<br />

Davanti alla casa parrocchiale, Pietro alla fine si decise<br />

a suonare il campanello. Il portoncino si aprì e comparve<br />

Lucia, la nipote di don Lovicu.<br />

– Sei tu? – disse sorpresa, cercando di aggiustarsi i folti<br />

capelli neri. – Ti devi sposare?<br />

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