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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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iggiavano alla fuggevole ombra dei radi alberi, all’odore<br />

della polvere che saliva dalla terra. Laggiù quella era la stagione<br />

degli incendi, della grande sete, della spossatezza.<br />

A Santana il sole non aveva quelle violenze: i campi i boschi<br />

e la gente godevano ogni notte del ristoro d’improvvisi<br />

acquazzoni accompagnati dai tuoni che rimbombavano<br />

paurosamente nella vallata; e l’aria al mattino era sempre<br />

fresca e i monti si stagliavano chiari nel cielo pulito.<br />

Ma Pietro non provava alcun piacere. Saliva verso la cima<br />

del colle, tra i pini e abeti altissimi, saltava i torrenti<br />

che precipitavano verso il fondo della vallata, affondava le<br />

gambe nei prati verdi, ma dentro di sé sentiva la stessa arsura<br />

di quando andava dietro il gregge nelle assolate distese<br />

di Erthole, di Bad’e Sole, di Sa Matta: come se quelle estati<br />

se le portasse nel sangue. Il suo vagare era quasi una fuga<br />

da tutto ciò che gli si rimescolava dentro.<br />

Le campagne di Santana erano deserte; il fieno riempiva<br />

i prati, intatto, ma le braccia robuste che sapevano agitare<br />

le falci erano a Trento, a Milano, in Germania. I vecchi<br />

andavano a guardarlo, almeno, il fieno che non potevano<br />

cogliere. Pietro li incontrava ogni tanto e scambiava<br />

con loro qualche parola.<br />

– La terra non si abbandona, – gli dicevano scuotendo<br />

la testa, – ritorneranno come mendicanti e allora sarà la<br />

terra a scacciarli; non si può lasciarla così questa grazia di<br />

Dio, – e indicavano il fieno, che marezzava tanto era alto,<br />

e i peri e i meli stracarichi. Pietro ascoltava e diceva che<br />

lui non aveva mai avuto un pezzo di prato e che alla terra<br />

voleva bene anche quando non era sua.<br />

Solo Aldo, il magro contadino che al Consiglio comunale<br />

parlava sempre a nome del Narciso, falciava il fieno.<br />

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I suoi prati prendevano tutto il pianoro delle Cazze e<br />

scendevano fino alla strada di Vigolo, chiusi da filari di<br />

peri e di gelsi. Aldo era rimasto attaccato alla terra che gli<br />

aveva lasciato suo padre, e per tutto il giorno menava la<br />

falce come un disperato, strisciando i piedi sul fieno che<br />

cadeva tra rapidi luccichii.<br />

Pietro si fermò ad osservarlo. Aldo, visibilmente turbato<br />

da quell’inattesa presenza, arrestò di colpo il suo lavoro,<br />

afferrando l’asta della falce come un’arma.<br />

– Hai ancora paura di me? – gli chiese Pietro ironico.<br />

Confuso, col viso stravolto dalla fatica, Aldo tirò fuori<br />

la pietra pomice e tentò di affilare la lama.<br />

– Io paura? – rispose senza sollevare gli occhi.<br />

– Nel mio paese l’erba non cresce come qui.<br />

Aldo sembrò ricomporsi e riprese a falciare, rigido, con<br />

le gambe divaricate come gli spaventapasseri che si piantano<br />

nelle vigne. Pietro seguiva attentamente il movimento<br />

della falce che apriva varchi a semicerchio.<br />

– Nel mio paese c’è l’usanza di accogliere bene i forestieri.<br />

– Anche noi ce l’abbiamo quest’usanza, – rispose Aldo,<br />

continuando a roteare la falce. Pietro si sdraiò sul fieno,<br />

umido e caldo di sole.<br />

– A me avete chiuso tutte le porte.<br />

Aldo smise nuovamente di falciare, e ancora una volta<br />

sfilò la pietra pomice per passarla sulla lama.<br />

– La mia porta è sempre aperta... mai questioni con<br />

nessuno ho fatto... campagna e casa è la mia vita.<br />

Il sudore gli colava dalle tempie; i suoi occhi si erano<br />

fatti più piccoli e la bocca sembrava serrata in una smorfia<br />

dolorosa.<br />

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