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Pascaleddu raccontò di aver sparso lungo i sentieri<br />
pezzetti di pane imbevuti di acquavite: i cani avevano fiutato<br />
e mangiato e anziché seguire le piste si erano messi a<br />
giocare, saltando addosso ai baschi, ch’erano andati via<br />
imprecando contro le erbe aromatiche.<br />
– Mi hai fatto passare la voglia di parlare con te, – disse<br />
severamente Pietro, dirigendosi verso le pecore.<br />
– Parla con le pietre allora, – gli gridò Pascaleddu, –<br />
non li posso vedere, sono peggio della carestia e delle cavallette...<br />
Mentre si avviava alla capanna continuava a brontolare<br />
contro quella gente che provava gusto a sollevare gli stracci<br />
e a farli annusare ai cani. Pietro si avvicinò al gregge e<br />
cercò di destarlo con richiami sommessi. Le pecore si alzavano<br />
una dopo l’altra e, sparpagliandosi nel pendio, punteggiavano<br />
la notte di chiare ombre vaganti. Il freddo si<br />
era fatto pungente. Al suono agitato di un campanaccio seguiva<br />
un fischio e la pecora irrequieta rientrava subito nel<br />
branco. Accovacciato dentro il tronco di un olivastro, Pietro<br />
fissava le oscurità della valle cercando luoghi e cose che<br />
sembravano sepolti; ma quell’impenetrabilità rattristava e<br />
lo sguardo inseguiva i profili dei colli lontani che si staccavano<br />
chiari nel cielo man mano che la luna s’innalzava;<br />
allora il cuore di Pietro si riscaldava di teneri pensieri per<br />
Pasquina, che attendeva le serenate in primavera.<br />
V<br />
Anche gli altri pastori erano rientrati negli ovili, curvi,<br />
muti, soli: sembravano tronchi d’olivastro abbattuti dal<br />
36<br />
fulmine. Sentivano lo schianto per la caduta della cooperativa<br />
e disperatamente raccoglievano le poche forze per resistere<br />
ancora insieme al gregge. Speravano solo in un’annata<br />
abbondante, come quelle di cui raccontavano i padri,<br />
forse per averle sognate anche loro, con l’erba alta che<br />
gonfia le mammelle alle pecore e riempie le case di formaggio.<br />
Il parroco accolse la fine della cooperativa come il segno<br />
della Provvidenza e fece suonare le campane, alle<br />
quattro della sera, per il ringraziamento. La chiesa si affollò,<br />
nessuno poteva mancare a certe funzioni.<br />
– Lodiamo Dio misericordioso, – disse con voce chiara<br />
don Lovicu, in piedi, al centro dell’altare maggiore.<br />
– Lodiamo, – risposero i fedeli.<br />
– Disperdi, o Signore, i tuoi nemici, che sono anche i<br />
nostri nemici, – continuò il parroco.<br />
– Disperdi, – rispose il coro.<br />
Anche le donne dei pastori andarono alla funzione e<br />
ringraziarono piangendo.<br />
Giovanna Serra non andò in chiesa, né pregò il Signore.<br />
Si sentì opprimere da un triste presentimento, come se<br />
la caduta della cooperativa fosse l’inizio di altre cadute,<br />
pensò a Pietro e a Pascaleddu con una tenerezza disperata<br />
e, come sempre, tenne le sue pene tutte per sé. Preoccupati<br />
erano anche i padroni dei pascoli: si parlava di grossi<br />
debiti lasciati da Nino Monne. Ogni proprietario chiamò<br />
i suoi pastori e parlò chiaro: ritardi nei pagamenti non dovevano<br />
essercene, le scadenze delle rate bisognava rispettarle.<br />
Pietro fu chiamato da Annia, che piagnucolò a lungo,<br />
prendendosela contro le annate scarse, contro coloro che<br />
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