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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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Da tanto tempo i pastori attendevano che qualcuno parlasse<br />

così a Zenosu. Nessuno voleva tornare all’ovile ora.<br />

Pietro fremeva. Aveva detto di no altre volte a Zenosu.<br />

– Perché ve la prendete con Lillinu, – disse portandosi<br />

fin sotto il muso del cavallo. – Di nostra volontà siamo<br />

venuti qui. Quello che non è accaduto in tanti anni accade<br />

ora: abbiamo aperto gli occhi e ci siamo accorti che siamo<br />

anche uomini.<br />

I pastori approvarono apertamente. Ognuno ormai si<br />

sentiva di gridare il rancore tenuto dentro per tanto tempo.<br />

Zenosu era sempre più furente, ci mancava che dovesse<br />

mettersi a discutere con quel morto di fame. Alla traversa<br />

non era salito per ascoltare gli altri; era abituato a<br />

vincere la resistenza dei pastori con un solo cenno; anche<br />

questa volta doveva piegarli, come giunchi.<br />

– Pretendete indurre il Padreterno a mutare i suoi disegni?<br />

– ribatté Zenosu. – Le siccità ci sono sempre state<br />

e le greggi hanno subito sempre la sorte delle annate: i miseri<br />

uomini però non si sono mai sollevati da terra, neanche<br />

quando hanno fatto chiasso. – Poi, rivolgendosi a Pietro,<br />

riprese con disprezzo: – Cosa conti tu? Non sei stato<br />

capace di custodire il tuo gregge e vuoi insegnare qualcosa<br />

a chi è nato prima di te. Un anno di confino non ti è bastato?<br />

I pastori si agitarono. Molti si allontanarono dalla barriera<br />

dicendo che non volevano sentire altro. Don Fancello<br />

restò immobile, con le braccia incrociate sul petto, e si<br />

ricordò che anche Billia Massaiu, tanti anni prima, quando<br />

era sceso a Isalle scortato dai carabinieri, aveva ingiuriato<br />

i pastori che voleva cacciare dalle sue terre. Pietro<br />

non perse la calma, aveva imparato da tempo a dominare<br />

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i suoi impulsi. Altre volte l’insulto che gli aveva lanciato<br />

Zenosu se lo sarebbe scrollato di dosso furiosamente, senza<br />

avere paura di nessuno. Ora c’erano ragioni più importanti<br />

da difendere.<br />

– Io non ho ricchezze, sono rimasto un morto di fame,<br />

– riprese, – ma non ho derubato mai nessuno. Non col Padreterno<br />

ce l’abbiamo, ma con te e con tutti quelli che succhiano<br />

il sangue dei pastori.<br />

Dentro il recinto il vocio aumentò. Nasciu non riusciva<br />

a star fermo. Parlottava con l’uno e con l’altro, minacciando<br />

e imprecando: diceva che al confino avrebbero dovuto<br />

mandare altri, non lui e Pietro Chessa.<br />

Anche Mario lanciò la sua sfida a Zenosu.<br />

– Nulla può la tua prepotenza qui, – gli gridò.<br />

– Non ho niente da dire ai rimitani, – lo stroncò Zenosu,<br />

– parlo a chi ha abbandonato il gregge per venire a<br />

troncarsi il collo qui: tornate all’ovile, anche questa bufera<br />

passerà.<br />

Chircu Calia, allungando la mano al morso del cavallo,<br />

disse: – A Lustiddia abbiamo seppellito una parte delle<br />

pecore, le altre muoiono buttate sulla polvere, cosa andiamo<br />

a fare all’ovile?<br />

Zenosu fu preso dallo sconforto. Capì che aveva perduto.<br />

I pastori gli erano tutti ostili. Sentì un livore mai<br />

provato e meditava come ripagarsi di quella offesa.<br />

– Non vi basterà una vita per piangere quello che state<br />

facendo, – disse ancora con tono dimesso.<br />

– Non mandateci altre maledizioni, – gridò Anzellu<br />

minaccioso. Zenosu voltò il cavallo rabbiosamente. Portolu<br />

lo imitò, ma prima di allontanarsi volle parlare anche<br />

lui: – Farete i conti con la giustizia, nessuno si atten-<br />

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