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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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la casa. Aveva ammonticchiato le pietre di granito un po’<br />

alla volta e aveva innalzato i muri esterni, mettendo fango<br />

al posto della calce, ma non era mai arrivato al tetto:<br />

per pochi soldi aveva dovuto cedere a Zenosu lo spiazzo,<br />

le pietre e i muri. E Zenosu vi aveva costruito la sua grande<br />

casa, con scale di marmo e ringhiere di ferro sui terrazzi,<br />

sui balconi, e sulle finestre del piano terra. A Pietro<br />

non piaceva l’arroganza da proprietario di Zenosu, né quel<br />

suo comandare tutti a bacchetta. Ma bisognava tentare,<br />

così aveva detto anche Giovanna. Sollevò il battente, un<br />

massiccio pugno di ferro, e picchiò sorprendendosi del<br />

rimbombo... Dopo un po’ il portone si schiuse.<br />

– Cerco il padrone, – disse Pietro alla domestica.<br />

– Vieni avanti, vado a chiamarlo, – rispose lei. Pietro<br />

la seguì e si fermò sotto il pergolato, nel cortile lastricato<br />

di granito. Dopo un po’ arrivò Zenosu, alto e vigoroso, un<br />

bell’uomo quasi, anche se aveva il naso troppo pronunziato;<br />

zoppicava un po’, per abitudine, e fuori di casa si appoggiava<br />

pesantemente a un bastone di legno intarsiato.<br />

La vita di Zenosu era segnata da quell’incidente di<br />

tanti anni prima. Il giorno di Corpus Domini, dopo aver<br />

accompagnato la processione del Santissimo a cavallo, come<br />

si usava, egli volle fare una gara di corsa con gli amici.<br />

I cavalli volarono tra nuvole di polvere, incalzati dagli<br />

speroni, ma giunti alla curva si scontrarono con la corriera<br />

che scendeva nel paese. Ci fu un cozzo violento, uno morì<br />

sul colpo e Zenosu, disarcionato dal cavallo, sbatté il ginocchio<br />

sinistro contro un sasso. Passò tanto tempo. La ferita<br />

di Zenosu si rimarginò, ma egli continuò a zoppicare.<br />

In certi periodi l’invalidità della sua gamba sembrava accentuarsi.<br />

Non volle più fare il servo pastore. Intanto era-<br />

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no mutate molte cose. Zenosu aveva messo su un gregge<br />

di pecore e un piccolo armento dati in custodia a «un socio»<br />

e aveva comprato la casa incompiuta di Luigi lo scalpellino.<br />

– Zenosu zoppica di giorno e corre di notte, – mormorava<br />

la gente del paese. Ma Zenosu continuava a lamentarsi<br />

del suo ginocchio, a mettere su altri greggi e altri<br />

armenti, a costruire stanze su stanze sullo spiazzo di<br />

Luigi lo scalpellino, a comprare tanche. Con Zenosu il<br />

furto del bestiame raggiunse dignità d’arte. Non una<br />

traccia, non un sospetto, niente d’irregolare. Lo avevano<br />

incarcerato qualche volta, ma per fatti che lui non aveva<br />

commesso. Compiuta la bardana, Zenosu metteva al sicuro<br />

il bestiame rubato affidandolo a mani esperte e la stessa<br />

notte, attraverso sentieri impervi, rientrava in paese, a<br />

bordo della vecchia automobile di Paolino. L’indomani<br />

Berria compiva i miracoli sui registri dell’abigeato e Zenosu<br />

andava per le vie del paese appoggiandosi al suo bastone<br />

e piangendo la sua sorte di storpio.<br />

I pastori Zenosu era abituato a chiamarli lui, a tutte le<br />

ore, e perciò gli diede molto fastidio l’arrivo di Pietro.<br />

– Quale vento ti porta qui, – esclamò, insofferente.<br />

– Scusate se vengo a quest’ora.<br />

– Sentiamo.<br />

– Mi hanno rubato il bestiame, senza far niente non<br />

mi posso vedere...<br />

– Io non ho bisogno di personale, anzi ne ho troppo.<br />

– Volevo chiedervi un aiuto...<br />

– Caro mio, – lo interruppe Zenosu, – non sono tempi<br />

di aiuti questi. Ciascuno ha i suoi guai, io ne ho più di<br />

tutti.<br />

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