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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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loccò e gli disse che i pastori avevano fatto trecento chilometri<br />

per parlare con qualcuno.<br />

– Ora è impossibile, – rispose il segretario, impaurito<br />

dai fischi e dalle voci che continuavano in crescendo.<br />

– Non possiamo attendere, – replicò Lillinu, mentre i<br />

fischi facevano vibrare i vetri. Il segretario, con uno sguardo<br />

disperato, tentò di dire che l’onorevole non poteva<br />

scendere nella strada a parlare con loro e che non era possibile<br />

fare entrare tante persone negli uffici.<br />

– Vogliamo che l’onorevole ci veda tutti, – gridò Pietro.<br />

E ancora fischi rabbiosi che penetravano negli uffici come<br />

l’eco pauroso di un uragano vicino. Il segretario scappò<br />

via, coprendosi le orecchie con le mani; i fischi continuarono,<br />

più eloquenti di qualsiasi discorso, finché l’onorevole<br />

non si affacciò alla finestra. I fischi cessarono, i pastori deposero<br />

le pecore sul lastricato e si tirarono indietro.<br />

– Guardatele come sono ridotte! – gridò Pietro indicando<br />

con le mani tese, – sono tutte così, non si reggono<br />

più in piedi.<br />

– Presto saremo così anche noi, – soggiunse Nasciu.<br />

– I mangimi vogliamo, – gridarono gli altri.<br />

L’onorevole allargò le braccia e scosse la testa.<br />

– Vogliamo parlare con lei, – gridò Lillinu. L’onorevole<br />

fece un gesto d’assenso e si ritirò.<br />

Poco dopo scese nuovamente il segretario e disse che<br />

poteva salire una delegazione ristretta. Si formò un gruppo<br />

di quindici, con Lillinu in testa.<br />

– Le pecore no, – disse il segretario, – l’onorevole le ha<br />

già viste.<br />

– Le pecore sì, – insistette Pietro facendo un passo<br />

avanti, – l’onorevole le deve vedere da vicino.<br />

212<br />

Il segretario non ebbe tempo di dire altro perché i<br />

quindici pastori, con le pecore sulle spalle, si erano già avviati.<br />

La scala era di marmo, con la guida rossa al centro.<br />

Anche le pareti erano rivestite in marmo e davano un senso<br />

di ristoro al solo guardarle. Tutto era pulito e c’era un<br />

grande silenzio.<br />

– Farle a piedi sono dure le scale, – diceva ogni tanto<br />

il segretario, col fiato grosso. Per i pastori non era una fatica,<br />

le pecore non pesavano tanto e loro erano abituati a<br />

scalare pendii ripidi e ciottolosi. Solo Lillinu e Mario apparivano<br />

un po’ affaticati, ma non dicevano niente. I passi<br />

dei pastori erano dei tonfi. In fondo a un corridoio, il<br />

segretario spinse una porta a vetri, più larga delle altre, e<br />

fece entrare la delegazione nella sala delle riunioni, grandissima,<br />

con un tavolo lungo al centro. Anche qui marmi,<br />

specchi e guide. Sulle pareti, dove finivano i marmi, quadri<br />

grandi e piccoli pieni di simboli: campagne verdi, laghi<br />

incastonati su montagne boscose, greggi ben pasciutte<br />

che meriggiavano sotto ombrose querce e mietitori che<br />

si cimentavano con montagne di covoni. I pastori avevano<br />

quasi ritegno a guardarsi intorno. I loro occhi erano<br />

fissi sul segretario, che li invitò a sedersi, lui doveva allontanarsi<br />

un momento per avvertire che la riunione era<br />

pronta.<br />

– Ci sediamo? – chiese Lillinu agli altri.<br />

– Rimaniamo in piedi, è bene che ci vedano in tutta la<br />

persona, – rispose Pietro.<br />

– Mettiamo giù le pecore, almeno, – disse ancora Lillinu,<br />

che non ce la faceva più con quel peso sulle spalle.<br />

– No, altrimenti sporcano, – rispose Nasciu, – dalla a<br />

me la tua.<br />

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