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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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Quando spuntò il sole, la piazza del Municipio era già<br />

affollata. Lillinu parlò dalla gradinata, alzandosi sulla<br />

punta dei piedi.<br />

– Dobbiamo sostenerli sino in fondo, può darsi che li<br />

portino via con la forza, – concluse.<br />

Le donne e i ragazzi montarono sui camion, ciascuno<br />

stringendo un involtino con un po’ di cibo. I due camion<br />

attraversarono il paese suonando i clacson. Le donne vociavano,<br />

invitando tutti a correre alla traversa; i ragazzi,<br />

scalzi, fischiavano con le dita.<br />

Il maresciallo era corso su con tutti i carabinieri.<br />

– Il paese è in tumulto e lei non sa niente! – gli aveva<br />

urlato il maggiore al telefono.<br />

In chiesa andò poca gente quel giorno. Addolorato, il<br />

parroco fece ugualmente la sua predica.<br />

– In nome di Dio fermiamoli! – implorò. – Ci metteranno<br />

tutti al bando, che vergogna! – Non poté dire altro<br />

e pregò davanti all’altare.<br />

Anche i disoccupati si erano mossi e sembrava si fossero<br />

liberati per sempre dal torpore che legava le loro membra.<br />

Lillinu parlò al telefono con le autorità. Lo minacciarono.<br />

– È inutile nascondere il sole con la mano, – replicò<br />

lui, – potete farmi arrestare se vi fa comodo, ma la disperazione<br />

di questa gente non l’ho inventata io.<br />

Le autorità minacciarono ancora: avrebbero inviato le<br />

truppe per aver ragione degli scalmanati.<br />

Giovanna s’avviò a piedi. Prese la scorciatoia di San<br />

Giovanni e subito fu raggiunta da altre donne e altri uomini<br />

che correvano gridando: – Presto, sono tutti lì!<br />

Con un gesto della mano li invitò a proseguire, lei non<br />

volle correre, forse per avere il tempo di riflettere.<br />

232<br />

Arrivò al torrente, che d’inverno precipitava con furia<br />

rovinosa trascinando pietre e rovi in grovigli inestricabili.<br />

Si fermò un momento, vinta da tanti ricordi.<br />

Più su, tra sassi consumati, si nascondeva una piccola<br />

ansa dove lei solitamente si arrampicava con la cesta del<br />

bucato tenuta in bilico sul capo. A ridosso d’una parete<br />

rocciosa accendeva il fuoco e su tre pietre sistemava il caldaro<br />

di rame per la lisciva. Immergeva più volte nell’acqua<br />

i panni insaponati, agitandoli energeticamente e torcendoli<br />

spesso con forza sulla pietra. Il torrente coi suoi vortici e<br />

i suoi brontolii sembrava animare i pensieri che correvano<br />

sempre convulsamente divorando spazi e tempi senza confini.<br />

Qualche volta arrivavano altre donne trascinando a fatica<br />

il loro carico di panni. Salutavano e affannosamente<br />

cercavano altre anse e altre pietre sulle quali inginocchiarsi.<br />

Tra lo sciabordio dell’acqua e i tonfi dei battitoi si levavano<br />

le voci chiare delle ragazze che si chiamavano di<br />

ansa in ansa senza dar peso a quello che dicevano. Le pietre<br />

illividivano le ginocchia, ma loro continuavano a parlare<br />

freneticamente, ricordando le calde serate di giugno e<br />

la notte di San Giovanni quando, dopo aver danzato attorno<br />

ai falò, salivano devotamente verso il torrente, insieme<br />

ai giovani, per bagnarsi i piedi e scambiarsi timidamente<br />

un cespo di mentastro. Le donne più anziane non avevano<br />

rimpianti, commiseravano a voce alta gli ultimi morti del<br />

paese e contavano i confinati; qualche volta si rallegravano<br />

malinconicamente per un nuovo nato. Verso sera, tutte insieme,<br />

raccoglievano dai roveti i panni ormai asciutti, aggricciati<br />

dal gelo, e una dietro l’altra rientravano in paese<br />

bilanciando sul capo le ceste odoranti di lisciva.<br />

Giovanna attraversò il torrente con passo incerto e<br />

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