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Pietro aprì la porta e comparvero due carabinieri.<br />
– Chessa Pietro?<br />
– Sono io.<br />
– Devi venire in caserma con noi.<br />
Giovanna, scagliandosi contro i carabinieri, gridò: –<br />
Cosa volete da lui? Non vi basta quello che gli avete fatto?<br />
I carabinieri risposero che si trattava di semplici accertamenti.<br />
– Li conosco i vostri accertamenti, – gridò ancora Giovanna.<br />
Pietro cercò di calmare sua madre.<br />
– Non ho fatto niente di male.<br />
– Neanche l’altra volta avevi fatto niente.<br />
Uno dei carabinieri tirò fuori le catenelle e legò i polsi<br />
di Pietro.<br />
– Perché gli mettete i ferri?<br />
– È il regolamento, fra poco suo figlio tornerà a casa,<br />
stia tranquilla.<br />
Andarono via e Giovanna sentì solo i passi dei carabinieri;<br />
Pietro aveva le scarpe gommate.<br />
XV<br />
Giovanna era sui carboni ardenti. Alla fine prese lo<br />
scialle e corse verso la caserma. Le strade erano deserte,<br />
avevano chiuso anche le bettole. Nella piazza intravide Bobore,<br />
il servo gobbo della caserma, che rientrava a casa dopo<br />
il servizio.<br />
– Dove correte? – chiese lui senza sorprendersi.<br />
– In caserma, hanno portato via mio figlio, – rispose<br />
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Giovanna, – dovevano rilasciarlo subito ed è passato già<br />
tanto tempo.<br />
Bobore era entrato in caserma che era ancora un ragazzo.<br />
Gli volevano tutti bene. Faceva le commissioni, le pulizie<br />
delle stanze e della scuderia e aiutava in cucina. Era<br />
piccolo, senza collo e con una testa enorme, ma nessuno<br />
badava più alla sua gibbosità, che lui sapeva portare con<br />
disinvoltura. L’agitazione di Giovanna lo scosse.<br />
– Dov’è mio figlio?<br />
Bobore abbassò la testa: il petto e le spalle sembrarono<br />
dilatarsi ancor di più.<br />
– So che non devo farti domande, sono fuori di me, –<br />
soggiunse Giovanna.<br />
Bobore si guardò intorno e disse, un po’ confuso: – A<br />
quest’ora non vi fanno entrare, cosa andate a fare in caserma?<br />
– Cerco mio figlio.<br />
Bobore respirò profondamente, quasi volesse trovare<br />
una risposta dentro il suo corpo tormentato, e disse: – Vostro<br />
figlio, insieme a tanti altri, lo porteranno a Nuoro<br />
questa notte col cellulare. È per il blocco stradale.<br />
Giovanna si allontanò di corsa, trascinandosi dietro lo<br />
scialle che le era scivolato dalla testa. Bobore riprese la sua<br />
strada verso casa, con le mani in tasca, rasentando i muri.<br />
Sembrava ancora più piccolo. Solo quando passava vicino<br />
alle lampade la sua ombra s’ingigantiva. Qualcuno lo salutò,<br />
ma lui non si accorse di niente. Infilò il solito vicolo<br />
senza voltarsi e scomparve presto nel buio.<br />
Giovanna correva disperata. Voleva chiamare gente,<br />
gridare aiuto, ma non c’era nessuno e le porte erano tutte<br />
chiuse. Si fermò davanti alla chiesa, nello spiazzo buio e<br />
desolato. Un paese di morti sembrava! E lei pianse, pic-<br />
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