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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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Il megafono riprese a parlare: – Non lasciatevi fuorviare,<br />

il bestiame ha bisogno di voi. Tornate agli ovili, i<br />

mangimi li avete avuti.<br />

Pietro e Nasciu fischiarono rabbiosamente, altri gridarono<br />

insulti contro le guardie chiamandole avvoltoi. Ma i<br />

fischi non riuscivano a convincere quelli che volevano andar<br />

via. Si riprese a discutere e ci furono altri tentavi di<br />

zuffa. Mentre nel recinto la confusione cresceva, arrivarono<br />

Zenosu Manca e Portolu Nanio, a cavallo, con la visiera<br />

del berretto calata sugli occhi. Si presentavano così<br />

quando dovevano imporre i loro divieti. Il maresciallo andò<br />

loro incontro e voleva aiutarli a entrare nel recinto, ma<br />

i due compari fecero avanzare i cavalli fino alla barriera<br />

più bassa e attesero lì, dritti sulla sella.<br />

– Ehi, gente! – chiamò Zenosu.<br />

Il richiamo scese come il grido d’un rapace fra i pastori<br />

sbigottiti. I musi dei cavalli si protendevano oltre le<br />

siepi del muro e Zenosu e Portolu, simili a torri, si ergevano<br />

col viso corrucciato.<br />

– Questa fama vogliamo lasciare? – tuonò la voce di<br />

prima.<br />

I pastori curvarono la testa, rassegnati: accoglievano così<br />

i soprusi di Zenosu. Portolu, solitamente, non parlava.<br />

– Gente da poco vi ha trascinato qui, – continuò Zenosu<br />

dando uno strappo alle briglie del cavallo irrequieto.<br />

– Non abbiamo niente da spartire con le mode dei cittadini:<br />

loro hanno la pancia piena, noi non possiamo distogliere<br />

gli occhi dalle nostre cose, se perdiamo il gregge<br />

perdiamo tutto.<br />

Solo qualche sommesso mormorio scalfiva il miserando<br />

silenzio ch’era sceso nel recinti. I pastori erano umilia-<br />

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ti: nessuno osava sollevare lo sguardo verso Zenosu, che<br />

volle dare il colpo di grazia vomitando ancora parole e insulti<br />

contro tutti.<br />

Piccolo, con la sua fronte grande come uno scudo, Lillinu<br />

Satta si avvicinò alla barriera e parlò a Zenosu guardandolo<br />

in faccia.<br />

– Non abbiamo bisogno delle tue prediche, – gli disse,<br />

e la sua voce risonò come uno squillo di campane nella<br />

notte.<br />

I pastori si strinsero in un solo gruppo. Il senso delle<br />

parole di Lillinu era chiaro e tagliente, ma ciò che più importava<br />

era che una voce si fosse levata e che il sangue tornasse<br />

a ribollire nelle vene di tutti.<br />

– Vinci sempre tu, – continuò Lillinu, – tracciando archi<br />

nell’aria con le sue mani smisurate. – Il tuo gregge è<br />

al sicuro, né hai i padroni dei pascoli che bussano alla tua<br />

porta. Hai paura solo che qualcosa cambi, della sorte dei<br />

pastori non t’importa niente.<br />

Zenosu ebbe l’impeto di scavalcare la barriera e prendere<br />

per il collo quel mezzo uomo e mezzo prete. Aveva<br />

altri conti da sistemare lui con Lillinu. Si drizzò sulle staffe<br />

e puntando l’indice come un giudice inesorabile urlò: –<br />

Uno scomunicato avete seguito... – il suo cavallo s’impennò,<br />

ma lui riuscì a dominarlo e riprese con veemenza:<br />

– L’avete fatto Sindaco e lui vi rende questo servizio. Altre<br />

mire ha, e si serve di voi. Anche nel Municipio la vuole<br />

fare da padrone.<br />

Lillinu gli gridò che nei registri dell’abigeato ora ci<br />

potevano leggere tutti.<br />

– Cosa vuoi dire?<br />

– Quello che ho detto, non ti temo io.<br />

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