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nestre e di muri, considerando tutto con nuovo interesse;<br />
anche lui avrebbe voluto essere costruttore di case. Doveva<br />
essere un mestiere difficile, forse non sarebbe mai riuscito<br />
ad apprenderlo. Eppure gli sarebbe piaciuto: la casa<br />
dura più di una vita; il pastore non lascia niente.<br />
Lo sguardo di Pietro si spostava dal dirupo a quel malsicuro<br />
banco di sabbione che tutto reggeva. All’imbocco<br />
della piazzetta San Bernardo, la via si allargava e le case<br />
non erano più accavallate una sull’altra, alcune avevano<br />
perfino il cortile. La casa di Mauru Lana era piccola, con<br />
due porte, bassa e larga quella del laboratorio. Pietro bussò.<br />
Dall’interno rispose una voce di donna: – Chi è,<br />
– Cerco Mauru.<br />
Si aprì l’altra porta e comparve Leonora. Il viso smagrito<br />
faceva apparire la moglie di Mauru Lana più vecchia<br />
di quanto non fosse.<br />
Pietro disse: – Cerco Maureddu, voglio chiedergli se<br />
ha bisogno d’aiuto nella fabbrica.<br />
Leonora sorrise tristemente: – Allora non sai che manca<br />
già da quattro mesi? Sembri di un altro paese!<br />
– Veramente non sapevo... arrestato?<br />
– No! Emigrato in Belgio, – rispose Leonora.<br />
Pietro arrossì e chiese scusa alla donna.<br />
– Sai com’è, si pensa che uno che ha la fabbrica il lavoro<br />
lo dà, non lo cerca fuori di casa. Chi vive in campagna<br />
come me non è informato.<br />
– La fabbrica era ferma, non c’erano lavori e le macchine<br />
che le hanno portate via. Maureddu ha chiesto di<br />
emigrare come muratore.<br />
– Starà bene allora, in quei paesi non vogliono che<br />
muratori.<br />
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– Lavora in una miniera di carbone, – spiegò Leonora.<br />
Pietro non volle fare altre domande, salutò e si allontanò.<br />
X<br />
I registri dell’ufficio collocamento erano pieni di braccianti<br />
che solo saltuariamente trovavano lavoro, di servi pastori<br />
senza padrone, di ex carcerati. I disoccupati uscivano<br />
presto di casa per liberare la famiglia dalla loro inutile presenza<br />
e si ritrovavano nella piazza a prendere il sole insieme<br />
o nelle bettole, se pioveva. Tra loro non avevano più niente<br />
da dirsi, però si cercavano per non stare soli in quel lento<br />
morire di niente. Ogni tanto qualcuno offriva loro un bicchiere<br />
di vino, ma i bettolai brontolavano se essi ingombravano<br />
le panche. Alla partenza e all’arrivo della corriera non<br />
mancavano mai: non attendevano nessuno, ma il movimento<br />
della gente li sottraeva per un momento dal grigiore della<br />
loro esistenza. Anche Pietro usciva presto di casa. Con sua<br />
madre non riusciva più a parlare. S’incontrava con gli altri<br />
disoccupati per sapere qualcosa da loro: tutti attendevano,<br />
speranza di trovare un lavoro non ce n’era, forse in estate se<br />
appaltavano la strada di Marreri. Anche lui, ogni tanto, entrava<br />
nelle bettole, ma se lo invitavano a cantare rifiutava.<br />
– E come posso cantare? – diceva scuotendo la testa<br />
tristemente.<br />
Disoccupato era anche Annanghelu Manza, rientrato<br />
da poco in paese dopo un anno di prigione. L’avevano condannato<br />
innocente, diceva lui, e fremeva di rabbia. A Pietro<br />
ripeteva: – Mio padre ha dovuto vendere il bestiame<br />
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