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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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pi deformati. Entrava poi nel camerone, in tempo per rimboccare<br />

i letti, mettere altre coperte, prendere nota delle<br />

bevande ordinate e gridare attraverso il montacarichi<br />

quanti brodi, quanti grappini e quanti quarti di bianco<br />

erano stati richiesti. Tornava di corsa agli steccati e detergeva<br />

i volti dei pazienti, chiedendo a ciascuno come si sentisse;<br />

poi controllava i tempi e faceva altre buche, senza un<br />

attimo di respiro, sudato anche lui in tutto il corpo.<br />

I bagnanti nelle buche non parlavano, sopportavano il<br />

caldo in silenzio, sospirando e sbuffando. Nell’altro camerone,<br />

invece, s’intrecciavano conversazioni e discussioni<br />

da un letto all’altro, e tutti apparivano rinfrancati, specialmente<br />

dopo aver bevuto il grappino. Erano contadini<br />

e braccianti, venuti dai paesi vicini per curarsi. Parlavano<br />

dei loro mali, delle loro fatiche, della terra che non rendeva<br />

più, del freddo che irrigidiva le ossa e dei dodici<br />

giorni della mutua, unico riposo di tutto l’anno. I loro<br />

discorsi non valicavano i confini delle loro valli o dei loro<br />

monti, sembrava ignorassero il resto del mondo. Qualcuno<br />

ogni tanto diceva che il sardignolo era più attento e<br />

più sollecito del Mauro: Pietro arrossiva e si dimenticava<br />

della fatica. I bagnanti si levavano dai lettini a reazione finita,<br />

quando cioè i loro corpi avevano finito di sudare.<br />

Ciascuno cominciava allora una meticolosa pulizia col<br />

lenzuolo per togliersi di dosso le erbe aggrovigliate ai peli<br />

e la melma verdastra impiastricciata sulle gambe, sulle<br />

braccia, sul petto e sul dorso. Pietro accorreva per dare un<br />

«colpetto» col lenzuolo.<br />

Il primo turno finiva a mezzogiorno e Pietro rimaneva<br />

solo fra i lettini disfatti con mucchi di lenzuola bagnate<br />

di sudore. Metteva ordine, sistemava il fieno, compila-<br />

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va i cartellini segnando su ciascuno il bagno e le consumazioni<br />

del giorno, e chiudeva bene tutti gli spifferi dei<br />

lucernari. Poi scendeva anche lui a mangiare nella saletta<br />

del ristorante, perché nella paga era compreso anche il vitto.<br />

Lidia lo tratteneva quasi sempre per il controllo dei cartellini,<br />

indugiando a lungo in inutili verifiche; ogni tanto<br />

rideva freneticamente e i suoi occhi lampeggiavano come<br />

lame.<br />

Dopo il pasto i bagnanti andavano a riposare in albergo<br />

o nelle pensioni private. Pietro, invece, doveva predisporre<br />

tutto per il secondo turno: portava su le lenzuola<br />

pulite, controllava il fieno e dava una mano a Matilde, la<br />

bagnina delle donne. Alle quattro del pomeriggio le buche<br />

del fieno fumavano di nuovo. Pietro riprendeva a correre,<br />

a detergere il sudore degli altri, a sudare anche lui.<br />

I bagnanti del pomeriggio venivano da fuori, da Trento<br />

per lo più, e ripartivano lo stesso giorno con la corriera<br />

di Vigolo. Erano impiegati e piccoli commercianti, mutuati<br />

anche loro, ma più esigenti dei contadini, più saputi<br />

a sentir dai discorsi che facevano, più insofferenti.<br />

Pietro doveva correre anche nello scompartimento «riservato»<br />

per assistere un prete, don Garofalo, e un industriale<br />

di Milano, il commendator Scarani, i quali arrivavano<br />

insieme da Trento, con una grossa macchina guidata<br />

dall’autista. Il prete faceva i bagni come cura dimagrante,<br />

glieli aveva prescritti il medico: le sudate, con le sostanze<br />

del fieno, acceleravano il ricambio. Don Garofalo entrava<br />

con rassegnazione nella buca e scherzosamente diceva che<br />

scontava un po’ di purgatorio. Il commendator Scarani<br />

aveva la gotta alle mani e ai piedi e malediceva tutto e tutti.<br />

Aveva fatto i fanghi ad Abano, a Salsomaggiore, in Sviz-<br />

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