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Greggi d'ira - Sardegna Cultura

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L’epico grido dei soliloqui pastorali<br />

Rileggere dopo due decenni e mezzo questo epico grido di<br />

Bachisio Zizi, è (ri)sentire non so che dolente stupore, come<br />

di ferita che speravi finalmente richiusa sulla carne di una<br />

fiera e dolente comunità di pastori dell’antica Barbagia.<br />

Ma è, appunto, ferita che sanguina ancora: e chi pensa di<br />

non essere testimone di tanto promessa aurorale palingenesi<br />

della nostra Rinascita, è l’ancora scaltro Pilato che finge<br />

di credere tanti Sardi rapiti da un arcadico sogno di Terra<br />

Promessa. Speranza di chimere: en attendant Godot...<br />

Il fantasma di questo romanzo (edito nel 1974), dunque,<br />

irrompe sulla scena dell’ancora arcaico teatro pastorale sardo,<br />

come il convitato di pietra, proprio come l’ombra di<br />

Banquo a Macbeth.<br />

<strong>Greggi</strong> d’ira è lirica metafora che offre al lettore, attento<br />

al lungo peregrinare della società sarda, il lamento corale di<br />

pastori colti dentro un secolare epos di miseria, per rifargli i<br />

conti di una persistente anomalia sarda che - detta con parole<br />

di Leandro Muoni - è “drammaticamente scissa tra integrazione<br />

e contestazione, tradizione e modernità”.<br />

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