CAPITOLO PRIMO
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per le singole aziende di concedere un fido superiore al decimo del proprio capitale;<br />
l’imposizione di un rapporto minimo tra patrimonio e depositi, e la soggezione ad<br />
un controllo esercitato non da un organo politico ma da un Ente autonomo,<br />
amministrato dai Direttori Generali dei Banchi di Napoli e Sicilia, dai Presidenti<br />
delle Camere di Commercio di Roma, Milano e Napoli e dai rappresentanti<br />
governativi. Nel 1924 il Nicotra redasse uno «Schema di disegno di legge portante<br />
disposizioni relative alle società commerciali aventi per oggetto esclusivo o<br />
principale l’esercizio del credito mediante depositi», il quale conteneva ancora<br />
previsioni in ordine alla autorizzazione governativa all’esercizio della attività ed alla<br />
apertura di dipendenze; la nominatività obbligatoria dei titoli; il riconoscimento di<br />
un privilegio a favore dei depositanti in ipotesi di liquidazione o fallimento, ed il<br />
conferimento al Ministero dell’Economia Nazionale di poteri ispettivi sulle aziende<br />
di credito. Infine, il prof. De Gregorio, nella prolusione al Corso di scienza<br />
bancaria presso l’Università di Roma, oltre a muovere una critica alla distinzione tra<br />
le varie categorie di depositanti, mise in rilievo la opportunità di definire un sistema<br />
di controlli sulle banche, da affidarsi alla Banca di Italia.<br />
I progetti di disciplina e gli studi tecnico-giuridici palesano quanto sentita fosse la<br />
necessità di colmare la carenza di una disciplina generale per le banche ordinarie. A<br />
questa il legislatore ovviò recependo talune di quelle proposte, con i RR.DD.LL. 7<br />
settembre 1926, n. 1511 «Provvedimenti per la tutela del risparmio» e 6 novembre<br />
1926, n. 1830 «Norme regolamentari per la tutela del risparmio», convertiti nelle<br />
leggi 23 giugno 1927, recanti rispettivamente i numeri 1107 e 1108, i quali,<br />
attraverso la definizione di una disciplina autonoma, diedero un riconoscimento<br />
giuridico al problema della tutela del risparmio, del tutto ignorato dal codice di<br />
commercio, determinandone l’ingresso nell’ordinamento legislativo italiano.<br />
Il regime si applicava alle aziende di credito in quanto raccogliessero depositi. Sotto<br />
il profilo soggettivo, risultavano quindi esclusi gli istituti che raccoglievano<br />
risparmio nella forma del prestito obbligazionario, ed altresì gli istituti di diritto<br />
pubblico e quelli ad essi assimilati, essendo questi sottoposti alla vigilanza del<br />
Ministero delle Finanze e, in alcuni casi, di quello dell’Economia Nazionale 9 .<br />
9 Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Istituto s. Paolo di Torino, Monte dei Paschi di Siena, Banca<br />
Nazionale del lavoro, Istituto Nazionale di Credito per le piccole industrie e l’artigianato. L’art. 1 del<br />
decreto 6 novembre 1926, lasciava fuori dall’ambito di applicazione le “aziende industriali e commerciali<br />
le quali accettino in deposito, per funzione accessoria della loro attività, somme di spettanza dei loro amministratori o<br />
del dipendente personale impiegatizio ed operaio o ricevano, eventualmente, depositi in conto corrente per conto di<br />
terzi”, così escludendo le ipotesi in cui, non trattandosi di aziende di credito, queste accettassero<br />
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