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CAPITOLO PRIMO

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infatti che «Le aziende e gli istituti di credito, salve le disposizioni della presente<br />

legge, debbono praticare, in tutte le proprie sedi principali e secondarie, filiali,<br />

agenzie e dipendenze, per ciascun tipo di operazione bancaria, principale o<br />

accessoria, tassi e condizioni uniformi, assicurando integrale parità di trattamento<br />

nei confronti dei clienti della stessa azienda o istituto, a parità di condizioni<br />

soggettive dei clienti, ma esclusa, in ogni caso la rilevanza della loro località di<br />

insediamento o della loro sfera di operatività territoriale» 132 .<br />

La norma, in coerenza con la vocazione al sostenimento dell’economia del<br />

Mezzogiorno, pone il divieto di praticare condizioni economiche 133 differenziate, e<br />

perciò discriminanti, per ragioni di appartenenza geografica, ciò che accadeva<br />

soprattutto con riguardo ai tassi attivi e passivi, nettamente più sfavorevoli nelle<br />

regioni meridionali. Ma la disposizione contenuta nell’art. 8 ha, soprattutto, una<br />

valenza sistematica: nonostante la specialità della legge che lo sancisce, il principio<br />

di parità di trattamento ha una portata generale, che, come prima si diceva,<br />

rappresenta il prius rispetto agli interventi che successivamente sarebbero stati<br />

adottati in materia di tutela del risparmiatore. Attraverso la sua fissazione all’interno<br />

di una legge speciale mossa da tutt’altre aspirazioni, il legislatore ha infatti<br />

determinato l’ingresso, nell’ordinamento bancario, del principio di trasparenza, se<br />

non altro in via strumentale. L’art. 8 non ha espressamente previsto la<br />

predeterminazione e la pubblicazione dei tassi e delle condizioni praticate. Tuttavia,<br />

al di là del tenore letterale della norma, un obbligo in tal senso, o perlomeno un<br />

onere, deve ritenersi implicitamente imposto, in quanto logicamente funzionale al<br />

controllo sul rispetto della previsione legislativa. Peraltro, confortano questa lettura<br />

della norma anche considerazioni di carattere analogico: nel diritto comune, il<br />

principio di parità di trattamento è previsto dagli artt. 1679 e 2597 c.c., dettati in<br />

132 Nell’art. 8 è stato “trasfuso” l’emendamento di G. Minervini alla proposta di legge n. 467, del 2<br />

luglio 1987, a firma on. Piro, “Norme per assicurare la trasparenza nei rapporti tra le banche, istituti<br />

e sezioni di credito speciale e clientela”. Per una completa disamina delle numerose difficoltà<br />

interpretative sollevate dalla sua formulazione letterale, vedi A. Nigro Operazioni bancarie e parità di<br />

trattamento, in Dir. banca e mercato finanziario, 1987, 3 ss., il quale sottolinea, peraltro, la stranezza<br />

dell’inserimento di una previsione di carattere generale all’interno di una legge di natura speciale, e la<br />

necessità di rifusione in una normativa più ampia e generale, 23; e F. Martorano, Trasparenza e parità<br />

di trattamento nelle operazioni bancarie, in Banca, borsa e tit. credito, 1991, I, 697 ss. In particolare, l’Autore<br />

rileva che le operazioni bancarie accessorie contemplate dalla norma siano che «…Le banche compiono,<br />

se non in via esclusiva, perlomeno in via prevalente…e non certo nel senso ampio in cui la formula<br />

operazione accessoria viene intesa negli statuti di società come comprensiva di ogni atto funzionale<br />

o strumentale al conseguimento dell’oggetto sociale».<br />

133 Il riferimento alle condizioni economiche muove dalla circostanza che quelle contrattuali si<br />

presentavano già uniformi ed altamente standardizzate. Dunque l’uniformazione prevista dal<br />

legislatore non sembra potersi riferire che ai profili economici delle operazioni bancarie.<br />

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