CAPITOLO PRIMO
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Le Sezioni Unite hanno cioè dichiarato la retroattività dell’accertamento di nullità<br />
delle clausole anatocistiche, operando un revirement delle sentenze della “primavera”<br />
del 1999 236 . Le argomentazioni addotte riguardano ancora la insussistenza, rispetto<br />
alla clausola dell’anatocismo inserita dalle banche sino al 1999, degli elementi<br />
costitutivi dell’uso normativo. Quello soggettivo, il convincimento, cioè, che un<br />
dato comportamento costituisca un obbligo giuridico; e quello materiale, ossia la<br />
ripetizione qualificata del comportamento. In primis, stante la maggiore forza<br />
contrattuale di cui le banche dispongono, che viene dunque nuovamente<br />
denunciata, la clausola anatocistica non è negoziata né negoziabile, ma inserita<br />
nell’ambito delle condizioni generali di contratto, sulla base della “regola del<br />
prendere o lasciare” 237 . L’alternativa alla sua mancata accettazione da parte del<br />
cliente è l’impossibilità di accedere ai servizi bancari, e ciò esclude che tale clausola<br />
possa essere ricondotta alla categoria degli usi normativi, sembrando piuttosto<br />
qualificabile come uso negoziale 238 . In secondo luogo, le decisioni del 1999 si<br />
inseriscono in un periodo di evoluzione normativa in favore del consumatore e del<br />
cliente bancario. La maggiore consapevolezza della parte contrattuale debole, e la<br />
concreta tutela di cui concretamente è stata dotata, rendono necessario tale<br />
revirement 239 .<br />
Sulla scorta della decisione della Corte, le clausole conformi alla disciplina dettata<br />
dalle Norme bancarie uniformi, ossia inserite all’interno dei contratti di conto<br />
corrente prima del 22 aprile 2000, data di entrata in vigore della deliberazione del<br />
CICR, sono risultate nulle, per violazione dell’art. 1283 c.c., conseguendone il<br />
diritto per i clienti alla ripetizione delle somme indebitamente riscosse dalle banche<br />
a titolo di anatocismo.<br />
236 Cass., Sezioni Unite, 4 novembre 2004, n. 21095, in Foro it., 2004, I, 3294.<br />
237 Vedi il commento di B. Iniziatri, Le sezioni unite e il divieto di anatocismo: l’asimmetria contrattuale esclude<br />
la formazione dell’uso normativo, in Banca, borsa e tit. credito, I, 2005, 446. In particolare, l’Autore rileva<br />
che il principio che emerge dalla pronuncia delle Sezioni Unite è che «nella società contemporanea e<br />
nel sistema del codice civile non vi è spazio per la formazione di usi normativi in presenza di una<br />
contrattazione realizzata attraverso condizioni generali di contratto», 453.<br />
238 In accordo con la esclusione della dignità dell’uso normativo alla prassi bancaria è A. A.<br />
Dolmetta, Il divieto di anatocismo per le banche dalla gestione del pregresso ai rapporti attuali. Per un uso laico<br />
della «certezza del diritto», in Banca, borsa e tit. credito, 2005, II,132.<br />
239 G. Minervini, P. Dalmartello, Stralcio della Memoria Conclusionale prodotta nell’interesse della banca<br />
ricorrente, in Banca, borsa e tit. credito, 2005, II, 127. Gli Autori osservano come le Sezioni Unite,<br />
rispetto alle pronunzie del 1999, rilevano la circostanza che il mutamento di indirizzo non tradisce la<br />
confessione di un errore protrattosi per un ventennio, ma, appunto, il cambiamento dello scenario.<br />
Sino a che il prepotere della banca, del quale l’anatocismo è un corollario, non è stato patito dal<br />
cliente, la Cassazione non lo ha rilevato. Solo a seguito della “ribellione di massa” da parte della<br />
clientela, la Corte ha inteso invalidare l’anatocismo, adeguando così il proprio indirizzo al nuovo<br />
scenario sociale.<br />
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