CAPITOLO PRIMO
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1.La disciplina dei contratti del consumatore<br />
La disciplina dei contratti del consumatore è oggi definita dal Codice del consumo,<br />
nel quale le disposizioni dettate dagli artt. 1469 bis e segg. c.c. sono state trasfuse 285 .<br />
L’originaria introduzione di questo sistema attraverso la tecnica della novellazione<br />
del codice civile, specificamente all’interno del Titolo dedicato ai contratti in<br />
generale, ha affiancato alla tutela di carattere prettamente formale, quale fornita<br />
dagli artt. 1341 e 1342 c.c., una tutela di carattere sostanziale. Ed è invero in tale<br />
carattere che si riscontra il profilo di rottura rispetto ai tradizionali principi del<br />
nostro ordinamento giuridico. Se, infatti, l’esigenza di una maggiore e peculiare<br />
attenzione nei confronti del consumatore finale, nell’ambito di quel progresso<br />
culturale cui si è fatto riferimento nel capitolo precedente, si faceva sentire anche<br />
nel nostro Paese, le soluzioni normative concretamente adottate in sede<br />
comunitaria sono state prevalentemente mutuate dalla legislazione tedesca e da<br />
quella francese. A tale estraneità, si sono poi aggiunte le modificazioni operate dal<br />
legislatore sulla traduzione della direttiva, in sede di attuazione, risultandone ancora<br />
più difficoltoso il lavoro degli interpreti 286 .<br />
Diversamente dalla normativa dettata in tema di condizioni generali di contratto, il<br />
Codice del consumo individua l’ambito di applicazione attraverso un criterio<br />
soggettivo 287 . Non è infatti dato rilievo alcuno alla circostanza che il contratto sia<br />
standardizzato, connotato da condizioni generali, ovvero sottoposto ad “adesione<br />
individuale” 288 , essendo, invece, necessario, ai fini della applicabilità del sistema, che<br />
ricorra lo status di consumatore in capo ad uno dei due contraenti, e di professionista in<br />
capo all’altro. Con riguardo a quest’ultimo, la peculiare definizione data dalla<br />
285<br />
Si rammenta che la novella del codice civile è stata attuata dall’art. 25 della legge 6 febbraio 1996,<br />
n.52, «Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle<br />
Comunità europee- legge comunitaria 1994», in attuazione della Direttiva 93/13 CEE.<br />
286<br />
Vedi G. Alpa, Sul recepimento della direttiva comunitaria in tema di clausole abusive, in Nuova giur.civ.,<br />
1996, I, 411.<br />
287<br />
In tema di ambito di applicazione, vedi G. De Nova, Le clausole vessatorie, Ipsoa, 1996, 15 ss. Sulla<br />
soggettivizzazione della categoria contrattuale, quale realizzata dalla normativa, vedi R. Pardolesi,<br />
Clausole abusive, pardon, vessatorie: verso l’attuazione di una direttiva abusata, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 523<br />
ss.<br />
288<br />
L’espressione è di G. Lener, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, in<br />
Foro it., 1996, V, 146. L’Autore sottopone a critica la circostanza che il legislatore abbia sottoposto le<br />
due categorie di contratti al medesimo regime, dando, al contempo, rilevanza alla trattativa<br />
individuale. Questa sarebbe infatti idonea a sanare lo squilibrio informativo, ma non già quello<br />
economico: «Laddove infatti il contraente fossa sfruttare la “dipendenza” di controparte- che alla<br />
conclusione del contratto lega esigenze primarie- poco importa che esista o non un simulacro di<br />
negoziazione», 147. Vedi anche L. Bigliazzi Geri, Condizioni generali di contratto e buona fede, in Clausole<br />
abusive e direttiva comunitaria, a cura di E. Cesaro, Padova, 1994, 33.<br />
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