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CAPITOLO PRIMO

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quanto tali legittime. Mentre è escluso che si configuri nelle ipotesi in cui la<br />

modificazione solo concreti un abuso da parte del professionista a suo esclusivo<br />

vantaggio 329 , con la conseguenza che la variazione sarà in ogni caso nulla.<br />

Tale disciplina generale del ius variandi subisce una deroga con specifico riguardo ai<br />

contratti che abbiano ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo<br />

indeterminato. Il terzo comma dell’art. 33, lett. b), c. consumo, esenta, infatti, dalla<br />

presunzione di vessatorietà, la modificazione apportata dal professionista alle<br />

condizioni contrattuali, purché ricorra un giustificato motivo, e purché preavvisi,<br />

entro un congruo termine, il consumatore, al quale si riconosce il diritto di recedere<br />

dal contratto. La norma conserva, dunque, il presupposto del giustificato motivo,<br />

mentre sopprime quello della previsione contrattuale espressa e omette di prescrive<br />

un termine minimo per l’esercizio del diritto di recesso riconosciuto al<br />

consumatore.<br />

Nonostante il tenore meno garantistico, la disciplina del ius variandi definita a tutela<br />

del consumatore ha delineato un contrasto con la previgente normativa dettata in<br />

materia dal T.u.b, assai poco efficacemente, come rilevato nel capitolo che precede.<br />

Si rammenta, infatti, che prima della riscrittura dell’art. 118 T.u.b. ad opera dell’art.<br />

10, legge n. 248 del 4 agosto 2006, il combinato disposto della norma e della<br />

delibera CICR del 4 marzo 2003, attribuiva alla banca la possibilità di modificare le<br />

condizioni economiche senza preavviso e, soprattutto, senza che ricorresse alcun<br />

motivo. Inoltre, fatta eccezione per le variazioni intervenute sui singoli contratti, la<br />

comunicazione al cliente era impersonale, ed a questi si riconosceva il diritto di<br />

recedere nel termine breve di 15 giorni, decorrenti dalla pubblicazione in Gazzetta<br />

Ufficiale, sì da escludere, in concreto, la possibilità di esercitare tale diritto. La tutela<br />

che il T.u.b. di fatto approntava si arrestava dunque sul piano formale. La validità<br />

del ius variandi era infatti subordinata alla specifica clausola contrattuale sottoscritta<br />

dal cliente, a prescindere dalla circostanza che ricorresse un giustificato motivo,<br />

soggetto a successivo accertamento, come previsto dal Codice.<br />

Invero, tale contrasto, e lo svantaggio che ne derivava al cliente bancario, avevano<br />

condotto dottrina e giurisprudenza ad affermare la necessità del coordinamento e<br />

della integrazione tra la disciplina dei contratti dei consumatori ed il sistema<br />

definito dal T.u.b. e dalla deliberazioni del CICR, al fine di comporre la prospettiva<br />

329 In tal senso, G. D’Amico, L’abuso di autonomia negoziale nei contratti dei consumatori, in Riv. dir. civ.,<br />

2005, 6, 648.<br />

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