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CAPITOLO PRIMO

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“persone giuridiche private con piena autonomia statutaria e gestionale”,<br />

subordinatamente al possesso di una serie di requisiti di carattere amministrativo e<br />

patrimoniale 89 . L’adeguamento statutario comportava il riconoscimento della<br />

qualifica di enti non commerciali, rilevante anche sotto il profilo delle agevolazioni<br />

tributarie, la cui conservazione era subordinata alla dismissione della partecipazione<br />

di controllo, da attuarsi nel periodo transitorio di quattro anni. Peraltro, se la<br />

dismissione non fosse avvenuta entro questo termine, né nei due anni successivi<br />

alla sua scadenza, ad essa avrebbe provveduto la Autorità di Vigilanza «nella misura<br />

idonea a determinare la perdita del controllo e nei tempi ritenuti opportuni, in<br />

relazione alle condizioni di mercato ed alla esigenza di salvaguardare il valore del<br />

patrimonio», ex art. 25, D.lgsl. 153/1999.<br />

2.3 La progressiva concentrazione del sistema bancario. La applicazione<br />

della disciplina antimonopolistica.<br />

Nell’esposizione della evoluzione del sistema bancario italiano, occorre dedicare<br />

alcune distinte considerazioni alla materia della concorrenza, stante la sua incidenza,<br />

seppure indiretta, sulla tutela del risparmiatore, tema del presente lavoro.<br />

In ambito nazionale, la disciplina antimonopolistica è stata introdotta dalla legge<br />

n.287 del 1990, che ha riprodotto, in larga misura, le disposizioni già dettate in<br />

ambito europeo dal Trattato di Roma del 1957 e successive modifiche 90 . Con<br />

89 Di avviso diverso, F. Merusi, Pubblico e privato nella legge Ciampi. Le fondazioni in bilico tra<br />

privatizzazione formale e sostanziale, in Bancaria, n.3 del 1999, 18 ss., secondo il quale «il nomen iuris<br />

persone giuridiche private usato dal legislatore è del tutto irrilevante» e ancora, gli enti avrebbero<br />

dovuto continuare ad essere considerati pubblici sino a che avessero mantenuto il controllo diretto<br />

o indiretto della società conferitaria.<br />

90 Per esigenza di completezza, occorre rilevare che la normativa europea ha largamente preceduto<br />

la introduzione di discipline della concorrenza nei singoli Stati. Peraltro, il sistema europeo è stato<br />

fortemente condizionato dalle esigenze di creazione di uno spazio economico, e successivamente<br />

politico, comune, diversamente da quello statunitense, che, invece, ha preso le mosse dalle esigenze<br />

economiche contingenti. Le origini della disciplina sovranazionale si individuano nella firma da parte<br />

di Francia, Germania, Italia e Benelux, del Trattato di Parigi del 1951, istitutivo della Comunità<br />

Europea del Carbone e dell’Acciaio. Esso prevedeva misure proibitive in ordine alle barriere al<br />

commercio, ed alle pratiche discriminatorie e restrittive. In particolare, l’art. 65 del Trattato, proibiva<br />

gli accordi o le pratiche concertate tra imprese ed associazioni di imprese, che aspirassero ad<br />

impedire, restringere o distorcere la normale concorrenza all’interno del Mercato Comune; mentre<br />

l’art. 66 regola l’abuso di posizione dominante. Queste disposizioni sono state riprodotte dal<br />

successivo Trattato di Roma, del 1957, istitutivo della CEE, agli artt. 85 (art. 81 Trattato di<br />

Amsterdam) e 86 (art. 82 Trattato di Amsterdam). Tuttavia, il Trattato di Parigi considerava anche<br />

gli istituti della fusione e della concentrazione, diversamente dal Trattato di Roma che, infatti, non<br />

accenna alla ipotesi di fusione tra imprese. Solo nel 1989, con il Regolamento 4064/89, questa<br />

fattispecie trova una compiuta regolamentazione.<br />

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