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CAPITOLO PRIMO

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aumentare sistematicamente la quota di debito a suo carico e, quindi, la crescita<br />

esponenziale del profilo passivo del rapporto. Mentre, dal lato attivo, la<br />

capitalizzazione spiegava i suoi effetti solo annualmente e quindi, con una incidenza<br />

assai mitigata. Ciò, con il “benestare” della giurisprudenza e della dottrina<br />

maggioritaria che, richiamando l’art. 1283 c.c., hanno sostenuto la validità di questa<br />

clausola fino al 1999 217 .<br />

Ma se un contrasto con la disciplina codicistica non era ravvisabile, all’indomani<br />

dell’entrata in vigore del D. lg. 385/1993, Testo unico delle leggi in materia<br />

bancaria e creditizia, un problema di compatibilità è stato invece posto rispetto<br />

all’art. 117 T.u.b., nella parte in cui, al comma n. 6, dispone che sono nulle e si<br />

considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la<br />

determinazione dei tassi di interesse. Invero, la giurisprudenza ha saputo<br />

agevolmente superare anche questo contrasto, sostanzialmente escludendo la<br />

clausola di capitalizzazione trimestrale dall’area di applicabilità del divieto fissato<br />

dell’art. 117 T.u.b.. In particolare, il tribunale di Roma, movendo dal tenore<br />

letterale della disposizione, ha affermato che il rinvio ai tassi d’uso- ed il relativo<br />

divieto- dovesse essere riferito a quelli praticati sulla piazza, e non anche agli usi<br />

normativi, ai quali l’anatocismo bancario era ricondotto 218 . Il tribunale ha cioè<br />

circoscritto la previsione dell’art. 117 T.u.b al campo delle condizioni economiche,<br />

rilevando rispetto ad esso la estraneità dell’anatocismo. Il che, invero, pare<br />

condivisibile nella ipotesi in cui si consideri la capitalizzazione quale uso normativo<br />

217 Cass., 15 dicembre 1981, n. 6631, Riv. dir. comm., 1982, II, 89; Cass., 19 agosto 1983, n. 5409, in<br />

Rep. Foro it., 1983, voce Interessi (18); Cass., 5 giugno 1987, n. 4920, in Foro it., 1988, I, c. 2352; Cass.,<br />

6 giugno 1988, 3804, in Banca Borsa e tit. credito, 1990, II, 186; Trib. Milano, 2 dicembre 1992, in Banca<br />

borsa e tit. credito, 1993, II, 358; Cass., 1 luglio 1997, n. 3296, in Rep. Foro it., voce Interessi (13); Cass.,<br />

18 dicembre 1998, n. 12675, in Rep. Foro it., 1998, voce Interessi (6), che richiamava un «orientamento<br />

tradizionale che trova riscontro nella giurisprudenza, per cui nell’ambito delle operazioni tra i<br />

predetti istituti ed i clienti l’anatocismo trova generale applicazione attraverso comportamenti della<br />

generalità degli interessati, con il convincimento di adempiere ad un precetto di diritto, presentando<br />

i caratteri obiettivi di costanza, generalità e durata ed il carattere subiettivo della opinio iuris che<br />

contrassegnano la norma giuridica consuetudinaria vincolante gli interessati».<br />

218 Trib. Roma, 18 luglio 1996, in Nuova giurisprudenza civ. com., 1998, I, 183 ss. In particolare, il<br />

Tribunale ha affermato che: «…Il divieto concerne esclusivamente la determinazione convenzionale<br />

dei tassi per relationem, ovvero mediante rinvio agli usi praticati sulla piazza, ma non impedisce né<br />

elimina l’operatività delle norme consuetudinarie nella disciplina del rapporto. Tale operatività<br />

rimane regolata dall’art. 1283 c.c., nonché dalla norma generale in materia di integrazione del<br />

contratto (art. 1374 c.c.) che rinvia agli usi per l’esatta individuazione delle obbligazioni<br />

contrattuali…». Contra, Pret. Roma, 11 novembre 1996, Id. che ha invece sostenuto l’inefficacia<br />

dell’anatocismo a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 117 T.u.b.<br />

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