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CAPITOLO PRIMO

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iconosceva il diritto di recedere dal contratto entro il termine breve di 15 giorni<br />

dalla comunicazione, salvo il diritto di ottenere, nell’ambito della liquidazione,<br />

l’applicazione delle condizioni, delle commissioni, e dei tassi vigenti prima<br />

dell’esercizio del diritto. Ad eccezione di quest’ultima disposizione, che configurava<br />

l’unico correttivo a favore del cliente, il sistema definito dagli artt. 4, comma 2, e 6,<br />

l. 154/92, non forniva, dunque, strumenti di tutela concreti ed effettivi. Sembra<br />

piuttosto che il legislatore si sia mosso solamente sul piano sistemico, attraverso<br />

una disciplina di garanzia in ordine alla trasparenza dell’attività bancaria e delle<br />

facoltà riconosciute, ed, indirettamente, alla sua competitività. Tuttavia, il legislatore<br />

ha mancato, ancora, di intervenire sul piano privatistico, omettendo di definire in<br />

modo compiuto il momento banca-cliente e di riconoscerne la meritevolezza di una<br />

tutela specifica, avverso gli interventi che la banca può adottare a suo sfavore.<br />

Considerazioni non dissimili possono essere fatte anche con riguardo alla originaria<br />

disciplina del Testo Unico, mutuata quasi integralmente dalla l. 154/1992 201 . L’art.<br />

117, comma 5, T.u.b. subordina il diritto di variare in senso sfavorevole al cliente il<br />

tasso ed ogni altro prezzo o condizione economica, all’inserimento nel contratto di<br />

una clausola espressa, che deve essere approvata per iscritto, dunque nulla<br />

aggiungendo al disposto dell’art. 1341 c.c. 202 . Secondo la formulazione originaria<br />

dell’art. 118, T.u.b., l’ambito di applicazione era limitato ai contratti di durata, ed<br />

ancora non era previsto che dovesse ricorrere alcun giustificato motivo. Il ius<br />

variandi operava quindi discrezionalmente, sicché alla banca era riconosciuta la<br />

libertà insindacabile di modificare in senso sfavorevole al cliente le condizioni<br />

contrattuali. E se il T.u.b. differiva dalla l. 154/92, in quanto rimetteva al CICR la<br />

fissazione dei modi e dei termini del suo esercizio, il regime definito da questo, e<br />

dalle Istruzioni della Banca d’Italia, risultò conforme a quello introdotto dalla l.<br />

154/1992. In particolare, secondo la disciplina di fonte secondaria 203 , le variazioni<br />

generalizzate sfavorevoli alla clientela potevano essere comunicate attraverso la<br />

pubblicazione di appositi avvisi in Gazzetta Ufficiale, e presso i locali aperti al<br />

pubblico. Alla prima occasione utile, il cliente doveva essere informato. Mentre la<br />

201 Sull’argomento, tra gli altri, vedi A. Cocozza, Il recepimento della direttiva sulle clausole abusive. Prime<br />

riflessioni sui suoi effetti nei contratti bancari, in Argomenti di diritto bancario, a cura di F. Belli e F. Mazzini,<br />

45.<br />

202 Sulla vessatorietà della clausola che preveda lo jus variandi, vedi U. Majello, Problematiche in tema di<br />

trasparenza delle condizioni contrattuali, in La nuova legge bancaria, a cura di M. Rispoli Farina, 1995, 318.<br />

203 Vedi Delibera CICR 4 marzo 2003, cit., ed Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, Titolo X,<br />

Capitolo I, 9° aggiornamento del 25 luglio 2003 alla circolare n. 229 del 21 aprile 1999, in G.U. del<br />

19 agosto 2003, n.191.<br />

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