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CAPITOLO PRIMO

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2. La trasparenza delle condizioni contrattuali<br />

2.1 Considerazioni generali<br />

La materia della trasparenza è disciplinata dal Titolo VI del T.u.b, nel quale sono<br />

state trasfuse le disposizioni dettate dalla l. 154/1992, Norme per la trasparenza<br />

delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, e quelle dettate dalla l. 142/1992,<br />

in tema di credito al consumo.<br />

Come già rilevato, il Testo Unico è prevalentemente dedicato ai profili della<br />

vigilanza sulla attività bancaria. L’inserimento, al suo interno, di una disciplina<br />

speciale dei contratti stipulati con la clientela, rappresenta un elemento di assoluta<br />

novità, considerando l’assenza di un qualsivoglia riferimento alla materia da parte<br />

della previgente legislazione. Questa scelta è coerente con la tendenza degli anni<br />

novanta alla generale riscoperta del valore della trasparenza, che, in forza di<br />

interventi legislativi, ma anche di iniziative di autodisciplina, ha assunto ora il ruolo<br />

di principio generale 148 , ora di vero e proprio istituto giuridico. In particolare, esso<br />

ha investito, da un lato, i settori naturalmente connotati da un elevato tasso di<br />

rischio, e, dall’altro lato, quelli nei quali il carattere pubblicistico era causa di una<br />

certa opacità, in quanto tradizionalmente ritenuti impermeabili alla accessibilità da<br />

parte dei privati 149 .<br />

Se si limita l’indagine all’hortus dei contratti bancari, il profilo del rischio risulta<br />

fortemente ridotto dall’obbligo di restituzione dei capitali affidati che su di esse<br />

grava, ex art. 11, comma 1, T.u.b. Tuttavia, i confini tra attività puramente bancaria,<br />

di raccolta del risparmio, ed attività finanziaria, sono progressivamente divenuti<br />

assai labili.<br />

148 Sulla qualificazione della trasparenza quale principio generale, vedi G. Alpa, La trasparenza delle<br />

operazioni bancarie e la tutela del risparmiatore, in Vita not., 2, 2004.<br />

149 Al riguardo, P. Rescigno, «Trasparenza» bancaria e diritto «comune» dei contratti, in Banca, borsa e tit.<br />

credito, 1990, I, 297, osserva: «Nel vocabolario del nostro tempo la parola trasparenza ha una<br />

singolare fortuna, come se le si riconoscesse la capacità di investire ed illuminare settori che<br />

sembravano connotati dalla impenetrabilità e dal mistero. » In questo senso si espresse anche l’allora<br />

Governatore della Banca d’Italia, che, in audizione alla Commissione Finanze della Camera dei<br />

deputati del 29 settembre 1988, così si esprimeva: «Va respinta la tentazione di costruir per legge<br />

una disciplina analitica o onnicomprensiva della materia…o una regolamentazione di stampo<br />

dirigistico, che pretendesse di stabilire d’imperio i termini economici dei contratti..ma una azione<br />

articolata diretta a perseguire: la pubblicità delle condizioni contrattuali offerte dalle banche; la<br />

chiarezza del contenuto dei singoli negozi, la tutela contro variazioni unilaterali delle pattuizioni<br />

originarie, la possibilità per i clienti di ottenere una adeguata informazione sullo svolgimento dei<br />

rapporti di durata». Sulla scorta di tale “monito”, si rammenta che l’A.B.I. emanò un codice di<br />

autodisciplina delle banche, in seguito formalizzato nell’accordo interbancario del 1988, richiamato<br />

nel capitolo precedente.<br />

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