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CAPITOLO PRIMO

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interventi adottati in sede comunitaria, peraltro, tali considerazioni risultavano<br />

avvalorate dalla compressione dei profili privatistici ed imprenditoriali che la legge<br />

del 1936 e le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali avevano operato rispetto alla<br />

attività bancaria. In considerazione della sua natura pubblica, essa risultava<br />

funzionale al perseguimento di interessi superiori e, quindi, di fatto sottratta al<br />

principio di libertà di iniziativa economica privata.<br />

La delegittimazione della attenuazione dei principi antitrust a favore del settore<br />

bancario operata dalla Corte di Giustizia, si inquadra evidentemente nella<br />

progressiva evoluzione dell’ordinamento bancario esposta nel paragrafo<br />

precedente, avvenuta prima sul piano fattuale e successivamente su quello<br />

legislativo. La decisione della Corte è stata cioè promossa dalla armonizzazione del<br />

settore, che ha trovato i suoi mezzi attuativi più pregnanti nella deregulation, da un<br />

lato, e nel recupero del valore imprenditoriale della attività bancaria, tipicamente<br />

connotato dalla libertà operativa e dal ruolo dei meccanismi di mercato, dall’altro 93 .<br />

Tuttavia, l’accoglimento del principio della libertà di concorrenza che deriva dal<br />

processo di privatizzazione delle imprese pubbliche e di liberalizzazione della<br />

attività economica privata, deve necessariamente accompagnarsi alla introduzione<br />

di una disciplina che, al contempo, la tuteli e la garantisca. Al riguardo, si osserva<br />

che lo sviluppo del sistema economico e degli interessi ad esso sottesi, nel senso<br />

un ampio ed acceso dibattito al riguardo. Si veda, ad esempio, E. Montanaro, La disciplina dei saggi<br />

bancari, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, II, 1662; G. Vitari, Il cartello bancario: riflessioni giuridiche su un tema<br />

scarsamente esplorato, in Giur. comm., 1974, I, 767 ss. Emblematica la posizione di G. Minervini che, a<br />

proposito della applicazione della legge antitrust alle banche, in un convegno degli Amici del Mondo<br />

così si espresse: «Se ci sono i topi in casa si può prendere un gatto; ma il gatto rovina le poltrone. Di<br />

qui il dilemma: o si rinuncia al gatto e ci si tiene i topi, o si tiene il gatto e si rinuncia alle poltrone.<br />

Quello che è assolutamente incongruo è tagliare le unghie al gatto, che così non acchiapperà più i<br />

topi e per di più dovrà essere nutrito. Ecco. A me pare che questo apologo valga anche nel caso ora<br />

considerato». Patroni Griffi, Le crisi bancarie: il caso Ambrosiano, in Banca impresa società, 1984, 113. Si<br />

riporta anche la posizione di R. Pardolesi: «Il comparto bancario è così heavy regulated, sottoposto ad<br />

una regolamentazione tanto stretta e pregnante le regole del giuoco sono svisate in radice. Proporsi<br />

di calare su quest’immagine stravolta lo schema della concorrenza è, ancor più che un sogno, un<br />

autentico fuor d’opera», Intervento in La concorrenza bancaria, a cura di L. C. Ubertazzi, Milano, 1985,<br />

309 ss. Nel senso, invece, del contemperamento del principio della concorrenza rispetto a quello<br />

della stabilità rinvenibile nelle scelte del legislatore vedi, in particolare, G. Bernini, Un secolo di filosofia<br />

antitrust. Il modello statunitense, la disciplina comunitaria e la normativa italiana, Bologna, 1991, 391; L.<br />

Desiderio, Un’occasione di riflessione sul pubblico e sul privato nel credito: le crisi bancarie, in Riv. dir. impr.,<br />

1991, 450.<br />

93 Al riguardo, appare di particolare rilievo l’osservazione di M. Porzio. «…Se per il decennio ’63-’73<br />

possiamo parlare di una cultura della programmazione, per gli anni che stiamo vivendo (a cominciare<br />

dalla fine degli anni ’70, forse) possiamo parlare di una cultura del mercato. A tutti i livelli, ed in tutti gli<br />

ambienti si riscopre il mercato come regolatore sano dei conflitti, il profitto come unico criterio per<br />

ogni iniziativa economica, la deregulation come rimedio contro i troppi lacci e laccioli che impediscono<br />

l’efficienza delle imprese» Salvo così chiosare: «Naturalmente, come per la cultura della programmazione<br />

può dirsi che in realtà di programmazione ne ha prodotta ben poco, può darsi che questa nuova<br />

ondata non produrrà affatto, alla fine, un puro mercato», in Lezioni di diritto e legislazione bancaria,<br />

Liguori, 1986, 50.<br />

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