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CAPITOLO PRIMO

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attraverso l’estensione della attività a sevizi di intermediazione e di consulenza lato<br />

sensu finanziari, non riservati, sia pure attraverso il sistema delle partecipazioni.<br />

Mentre con specifico riguardo agli istituti di credito, furono, tra l’altro, eliminate le<br />

diversificazioni in ordine alla emissione delle obbligazioni e dei certificati di<br />

deposito. Nell’ambito della normativa secondaria, quindi, andò acquisendo<br />

rilevanza il principio della efficienza operativa, attraverso la adozione di parametri<br />

oggettivi, a garanzia della solidità patrimoniale e della diversificazione degli<br />

impieghi.<br />

Tuttavia, sul piano legislativo, la riforma dell’ordinamento bancario ebbe inizio<br />

propriamente solo con il processo di armonizzazione dei singoli diritti nazionali in<br />

materia bancaria, e, quindi, con l’uniformazione dei parametri di concorrenza,<br />

operata dal diritto comunitario. Tale uniformazione prese le mosse dalla<br />

introduzione della regola della libertà di stabilimento, da parte della I direttiva n.<br />

77/780 del 12 dicembre 1977 (coordinamento delle legislazioni nazionali in materia<br />

di accesso alla attività bancaria ex art. 57.2 Trattato CEE), la quale, invero, è stata di<br />

scarsa rilevanza pratica, in quanto precedette di poco alcune sentenze della Corte di<br />

Giustizia, che dichiararono precettivi i principi di libero stabilimento e di libera<br />

circolazione dei servizi. Il D.P.R. 27 giugno 1985, n.350, di recepimento della<br />

direttiva, ha avuto in ogni caso una efficacia sistematica, da un lato sostituendo alla<br />

concezione dell’impresa bancaria quale impresa- funzione, quella di impresa- diritto<br />

e riconoscendo, quindi, il diritto alla libertà di iniziativa economica nel settore<br />

bancario; dall’altro lato, vincolando la autorità di vigilanza al controllo sulla singola<br />

impresa, con specifico riguardo alla sua stabilità e liquidità 79 .<br />

79 L’art. 1, comma 2, del D.P.R. 350/85 stabiliva che «L’autorizzazione all’esercizio della attività<br />

bancaria è rilasciata dalla Banca d’Italia alle condizioni che seguono, ferme le altre disposizioni di<br />

applicazione generale: a) esistenza di un capitale nel caso di società azionarie, a responsabilità<br />

limitata e cooperative ovvero di un capitale o fondo di dotazione nel caso di enti pubblici, di<br />

ammontare non inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d’Italia, b) possesso da<br />

parte di persone, alle quali per legge o per statuto spettano poteri di amministrazione o direzione, di<br />

requisiti di esperienza adeguata all’esercizio delle funzioni connesse alle rispettive cariche in<br />

conformità delle previsioni di cui ai successivi artt.2, 3 e 4; c) possesso, per le persone indicate sub<br />

b), per quelle che esercitano funzioni di controllo nonché per coloro che, in virtù della<br />

partecipazione al capitale, siano in grado di influire sull’attività dell’ente, dei requisiti di onorabilità di<br />

cui al successivo art. 5; d) presentazione di un articolato programma di attività in cui siano indicate<br />

in particolare la tipologia delle operazioni previste e la struttura organizzativa dell’ente». La norma si<br />

riferisce testualmente alla autorizzazione all’esercizio dell’attività, eliminando così la distinzione<br />

imposta dall’art.28 l. bancaria, tra autorizzazione alla costituzione ed all’inizio dell’attività. In<br />

dottrina vedi M. Porzio, La legislazione bancaria di attuazione della direttiva Cee 77/80. Prime riflessioni, in<br />

Mezzogiorno d’Europa, 1985, 383; A. Nigro, Il D.P.R. n.350 del 1985 e la legge bancaria: l’autorizzazione<br />

all’esercizio dell’attività creditizia, in Dir. banc. merc. Fin.,1989, 15 ss.; R. Costi, Autorizzazione all’esercizio<br />

dell’attività bancaria e costituzione degli enti creditizi, in Giur. comm., 1986, I, 567 ss.<br />

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