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CAPITOLO PRIMO

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della integrazione comunitaria e dello sviluppo dell’economia di mercato aperto,<br />

hanno reso necessario non solo l’adeguamento dell’ordinamento giuridico ma<br />

anche quello del ruolo dello Stato. La graduale restrizione della riserva statale e le<br />

politiche neoliberiste non si sono cioè tradotte nella “scomparsa” dell’intervento<br />

pubblico, ma piuttosto nella sua trasformazione e ciò anche attraverso la istituzione<br />

di Autorità amministrative che si sostituiscono allo Stato imprenditore e con le<br />

quali esso diviene garante e regolatore del rapporto tra gli operatori economici ed<br />

altresì tra questi ed i contraenti deboli.<br />

Sicché, alla apertura del sistema creditizio, è seguita la estensione della disciplina<br />

antimonopolistica comunitaria e, quindi, nazionale, così risultando la tutela della<br />

concorrenza esplicitamente garantita anche in questo settore. In considerazione<br />

della sua peculiarità e degli interessi ad esso sottesi, tale estensione ha nondimeno<br />

subito alcune correzioni. L’originario art. 20, comma secondo, della legge<br />

287/1990, attribuiva infatti la competenza ad applicare gli artt. 2, 3, 4 e 6 nei<br />

confronti di «aziende ed istituti di credito», alla Autorità di vigilanza del settore.<br />

Prima della modifiche apportate dalla legge 28 dicembre 2005, n.262, cosiddetta<br />

legge sul risparmio, la vigilanza sulla osservanza delle disposizioni antitrust risultava<br />

dunque attribuita alla Banca di Italia 94 , e non alla Autorità competente per materia,<br />

l’AGCM. Il legislatore ha così adottato un doppio criterio. Secondo la lettera<br />

dell’originario art. 20, comma 2 l. 287/1990, infatti, ferma la competenza sulla<br />

vigilanza funzionale riconosciuta all’AGCM, alla Banca era attribuita la competenza<br />

rispetto alle aziende ed agli istituti di credito, ossia una vigilanza istituzionale, per<br />

soggetti, dai quali comunque restavano esclusi quelli diversi dalle banche, ancorché<br />

sottoposti alla sua vigilanza, quali società di gestione dei fondi comuni di<br />

investimento, società di intermediazione mobiliare, società di leasing e factoring ecc.<br />

Nelle ipotesi “miste” si configurava, invece, una competenza concorrente, potendo<br />

ciascuna delle due autorità adottare i provvedimenti di propria competenza, ex art.<br />

20, comma 7 l.287/1990. Peraltro, la Banca d’Italia ha operato una interpretazione<br />

estensiva dell’art. 20, l. 287/1990, finendo con il pronunciarsi su tutte le fattispecie<br />

che coinvolgessero una banca, a prescindere dal settore nel quale essa avesse<br />

94 La Banca d’Italia non è l’unica Autorità di vigilanza del settore, essendo qualificati come Autorità<br />

creditizie anche il Ministro del tesoro ed il CICR. Tuttavia, è alla BI che spetta la concreta attuazione<br />

delle direttive delineate dal CICR. Ciò ha condotto ad individuare nella Banca d’Italia, l’Autorità<br />

investita della vigilanza sulla concorrenza. Così, G. Rotondo, L’attribuzione alla Banca di Italia di poteri<br />

in materia di tutela della concorrenza (ex art.20 della legge 10 ottobre 1990, n.287) alla luce dell’evoluzione<br />

normativa del settore creditizio, in Riv. dir. impresa, 1996, 384.<br />

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