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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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l’avarizia de’ medici salernitani, vedendo che gli ammalati più non ricorrevano a loro ma a’ bagni, partitisi da<br />

Salerno con ferri e venuti a Tritola, havessero rotto le statue e guaste le iscrizioni. <strong>Di</strong>onisio di Sarno in un<br />

publico istromento scrive che appresso <strong>il</strong> re Ladislao era una tavola di marmo, ritrovata in un luogo d<strong>et</strong>to Tre<br />

Colonne, ov’era descritta l’istoria, che così dicea: “Ser Marius Sulimela, Ser Ph<strong>il</strong>ippus Capograssus, Ser Hector<br />

de Procida, famosissimi Medici Salernitani, super parvam navim ab ipsa Civitate Puteolos transfr<strong>et</strong> averunt,<br />

cum ferreis instrumentis; Inscriptiones Balneorum Virtutum deleverunt, & cum reverterentur, fue[37]runt, cum<br />

navi miraculosè submersi”. Così vogliono molti che portano d<strong>et</strong>ta istoria; coloro però che l’impugnano vi<br />

ritrovano molte inverisim<strong>il</strong>itudini, e particolar<strong>mente</strong> perché dicono d’esser ciò successo a tempo de’ re francesi,<br />

allora che in d<strong>et</strong>ti tempi non vi era né meno memoria di d<strong>et</strong>ti bagni; ci contradicono fra gli altri ultima<strong>mente</strong> <strong>il</strong><br />

Bartoli e prima di lui <strong>il</strong> Capaccio. Or tralasciando i bagni che vi sono, de’ quali diremo a parte appresso, passata<br />

d<strong>et</strong>ta caverna vi è un luogo d<strong>et</strong>to i Laghicelli, e un monte d<strong>et</strong>to <strong>il</strong> Nuovo Monte della Cenere: sono queste acque<br />

porzione del famoso Lucrino, così celebre per la pesca dell’ostrighe presso i po<strong>et</strong>i, e per altri pesci, che dal<br />

lucro che se ne cavava Lucrino fu d<strong>et</strong>to. Qui fu già <strong>il</strong> Porto Giulio, come dice Plinio, unendo i laghi Lucrino ed<br />

Averno fatto da Giulio dittatore, che gli diede <strong>il</strong> nome, e ristorato da Augusto, secondo la diversità de’ pareri,<br />

contradicendosi Strabone, Vellejo, Sv<strong>et</strong>onio e <strong>Di</strong>one, poiché chi dice che vi facessero gl’Imperadori entrare <strong>il</strong><br />

mare, e chi che [38] l’escludessero con gli argini per non impedire la pesca; dicendo Strabone che mai Averno<br />

habbia servito per porto, e che <strong>il</strong> Lucrino solo amm<strong>et</strong>tesse le picciole barche; ad ogni modo tutti concedono che<br />

Agrippa lo ristorasse, e <strong>Di</strong>one dice: “Quod excogitavit Agrippa, <strong>et</strong> perfecit”. Si dice poi che, havendo <strong>il</strong> mare<br />

rotti i ripari e confuso <strong>il</strong> lago, non potendovisi passare, Claudio ci facesse gli argini lasciandovi i canali per la<br />

pesca, che copiosa facevasi, e per d<strong>et</strong>ta causa <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to lago era <strong>il</strong> primo nominato nelle gabelle di Roma; si<br />

passava da questo lago a quello di Averno, benché alle volte <strong>il</strong> mare li confondesse ed otturasse la bocca. In<br />

questo lido si racconta la favola, o sia istoria, del delfino innamorato del fanciullo, che lo portava da Baja a<br />

Pozzuoli a scola, chiamato col nome di Simone, e che prendendolo di sopra nascondea le spine, e morto <strong>il</strong><br />

figliuolo morì anche <strong>il</strong> delfino di dolore; raccontandola per vera istoria Solino, Plinio ed altri. D<strong>et</strong>to lago dicono<br />

che con un argine d’un miglio lo restringesse Ercole, con farvi la strada per [39] due carr<strong>et</strong>te per condurvi i bovi<br />

di Gerione.<br />

Giace ora <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to lago con quantità di bagni, edificj, ed una v<strong>il</strong>la d<strong>et</strong>ta Tripergole, con diverse chiese,<br />

sotto <strong>il</strong> sud<strong>et</strong>to Monte Nuovo, cosa la più spaventevole ed orrenda che succedesse al mondo; conciosiaché<br />

nell’anno 1538, <strong>il</strong> giorno di san Michele di s<strong>et</strong>tembre, scosso la terra da più terremoti, esiccatosi <strong>il</strong> mare e<br />

r<strong>et</strong>rocedendo per 200 passi, ad un’ora di notte si alzò la terra a guisa di monte, ed aprendo una bocca eruttò da<br />

quella fiamme, pi<strong>et</strong>re infocate, ceneri e bitumi, bruciando l’erbe e gli alberi, diroccando gli edificj sei miglia<br />

d’intorno, consumando la imminente vendemmia, ed uccidendo gli huomini e le belve. Fuggirono spaventati i<br />

pozzolani coi figli e le mogli, nudi in <strong>Napoli</strong>, vedendosi uscire dal mare una gran lingua di fuoco, e restando<br />

sotto un monte di circuito di 4 miglia sepellita la d<strong>et</strong>ta v<strong>il</strong>la di Tripergole, ove era un convento di francescani, la<br />

chiesa dello Spirito Santo, con l’ospedale per li bisognosi de’ rimedj della Casa Santa dell’An[40]nunziata, con<br />

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