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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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istesso si attribuisce a Pompei e ad Ercolano, dicendo Strabone che dalle pompe de’ bovi portati da Ercole<br />

Pompei fusse d<strong>et</strong>ta, benché <strong>il</strong> Cluverio dica esser anche questa una favola; ad ogni modo antichissima città non<br />

si può negare che fusse, con una larga contrada e diverse contradelle, dicono a fronte di Stabia, ed erano così<br />

fert<strong>il</strong>i i suoi territorj che Cicerone fece istanza, dissuadendo la legge agraria, che non si fussero venduti i campi<br />

fert<strong>il</strong>i di [238] Pompei nell’orazione contro a Rullo, e produceano le sue viti vini che si poteano mantenere sino<br />

a 10 anni, come dice Plinio nel libro 14°, capitolo 6°, oltre i giardini che havea di dolcissimi frutti.<br />

Abitata da opici, <strong>et</strong>ruschi o pelasgi, e sanniti, indi questi scacciati da’ romani e final<strong>mente</strong> distrutta,<br />

essendo stata, come si disse, emporio o mercato per le navi, dalle di cui rovine è sorta la d<strong>et</strong>ta Torre<br />

dell’Annunziata; per fert<strong>il</strong>issimi i suoi territorj furono anche celebrati da Columella, facendo particolar<br />

menzione de’ suoi cavoli e cime, da noi d<strong>et</strong>ti broccoli.<br />

Ha mutato diversi padroni, ma oggi parte è di giurisdizione del principe di Palestrina Barberini, ed in<br />

quella parte che si dice Boschi, del conte di Celano e principe di Valle Piccolomini d’Aragona. Vi sono tre<br />

conventi, uno di celestini, che ha cura della chiesa della Santissima Annunziata, un altro di oliv<strong>et</strong>ani, che ha <strong>il</strong><br />

titolo di Santa Teresa, ed un altro di francescani zoccolanti che stanno facendo una casa comoda per [239] gli<br />

padri, e chiesa di San Gennaro. Ha la sua parr<strong>occhi</strong>a, d<strong>et</strong>ta dello Spirito Santo, e diverse chies<strong>et</strong>te picciole, per<br />

comodità degli abitanti. Verso la marina ha un picciolo castello, o più tosto palazzo, e verso la porta che mira<br />

<strong>alla</strong> Torre del Greco un comodissimo palazzo per li signori Piccolomini.<br />

Tirato a forza un ramo del Sarno nella Torre, raggira le ruote di più molini, e quelle d’una gran<br />

polveriera regia, ove accendendosi nel trascorso anno 1698, per l’inavertenza degli operarj, <strong>il</strong> fuoco, volando<br />

per aria, apportò tanto danno e rovina, che sembrò <strong>agli</strong> abitanti essersi aperta altra bocca del Vesuvio, volando<br />

travi e macigni, tremando le case, aprendosi da sé le porte e finestre, e facendo strage tra’ morti e feriti da<br />

cinquanta persone, con danno di 50 o 60 m<strong>il</strong>a scudi <strong>alla</strong> Regia Corte; fa ancora d<strong>et</strong>ta acqua raggirar ruote di 80<br />

cartiere, valchiere di panni, ferriere e ramiere.<br />

Non minor difficoltà è l’assentare dove fusse l’antica Taurania, di cui fa menzione Plinio Secondo,<br />

vo[240]lendo sostenere <strong>il</strong> Capaccio che fu in un luogo presso <strong>il</strong> Vesuvio ove si vedono quantità d’antichi edificj<br />

diroccati, e che tiene <strong>il</strong> nome di Civita; l’impugna con più ragioni <strong>il</strong> Pellegrino nella sua Campania Felice,<br />

dicendo non sapersi <strong>il</strong> luogo di Taurania e che la d<strong>et</strong>ta Civita sia più tosto Tora, nominata da Floro, o pure Cora,<br />

come dice <strong>il</strong> Vin<strong>et</strong>o emendando Floro nel libro 3°, capitolo 10°, o pure Cosa, come vuole lo stesso Pellegrino<br />

tradottolo da Vellejo, che dice: “Pompejos cum L. Sulla oppugnar<strong>et</strong>, Cosamque occupar<strong>et</strong>”. Si accorda in fine,<br />

che potrebbe anche essere che dove è Civita fusse Pompei, ma in tutto si va a tentoni.<br />

La stessa difficoltà si ritrova in ricercare <strong>il</strong> sito di Stabia, avvengaché chi la vuole di qua dal Sarno<br />

confinando con Pompei, col Peutingero e Cluvero suo seguace, chi la vuole di là da Sarno, con Plinio Secondo,<br />

Polibio ed altri, ed <strong>il</strong> Capaccio vuole che sia la stessa che oggi è Castell’a Mare d<strong>et</strong>to di Stabia; da tante diverse<br />

opinioni resta confuso chi scrive, portandosi ragioni da una parte e dall’altra.<br />

80 Editio princeps: dl.<br />

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