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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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TAVOLA [XI]: “Veduta del Lago d’Agnano. All’eccellentissimo signor don Ottavio Caracciolo principe di Forino”.<br />

Da presso è <strong>il</strong> Lago d’Agnano, anche circondato da diversi Monti con li d<strong>et</strong>ti Leucogei, Monte Spina,<br />

Astruni, Monte Secco ed altri. Che vi fusse entrato <strong>il</strong> mare, t<strong>agli</strong>ata la strada per un monte per farlo ric<strong>et</strong>to di<br />

pesci, alcuni hanno scritto, <strong>il</strong> tratto però del lago al mare è lungo ben un miglio; vi si vede bensì una antichità a<br />

guisa di ponte, né si sa a che uso servisse, discendendosi al lago d<strong>alla</strong> parte de’ Bagnuoli. Ric<strong>et</strong>tacoli di serpenti<br />

lo dissero gli antichi, e che prendesse da ciò <strong>il</strong> nome, dicendosi Agnano quasi Anguignano, e che discendeano<br />

dal Monte Spina in volumi, buttandosi nell’acqua; se ne vedono ora ma non in tanta quantità, tanto più che tutti<br />

i luoghi sono ben coltivati e fatti giardini. Molti edificj rovinati sono attorno <strong>il</strong> Sudatorio di San Germano, dove<br />

dicono che d<strong>et</strong>to santo, andato per pren[81]der rimedj, ritrovasse l’anima di Pascasio cardinale a purgar <strong>il</strong> suo<br />

fallo per haver aderito alle parti dell’antipapa, benché morisse pentito, dicendosi che pregasse per lui e che, se<br />

l’anno seguente non l’havesse ritrovato ivi, <strong>il</strong> Signore l’haveria liberato da quelle pene, lo scrive san Gregorio<br />

nel libro 4° de’ <strong>Di</strong>aloghi al capitolo 42°, chiamando d<strong>et</strong>to Terme Angulari, che sono anche d<strong>et</strong>te da altri<br />

Anglane, ed Anglano <strong>il</strong> lago; mostrano i d<strong>et</strong>ti edificj esser stati bastanti per un ospedale, oggi tutti caduti.<br />

Vi si vede <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to sudatorio con camer<strong>et</strong>te quasi sotterranee, con un buco dal quale esce un gran caldo, e<br />

fumo di zolfo, che fa distemprare in sudori. Non egli però è vero che ora non nudrisce pesce alcuno, come<br />

dicono molti autori seguendo Plinio, Leandro Alberti, con quali concorre <strong>il</strong> Boccaccio, dicendo che non vi sia<br />

altro che rane, pescandosi in esso gran copie di tinche buonissime a mangiare, se non l’estate che sono uccise<br />

dal lino che vi si matura, e sono ributtate puzzolenti al lido; e vi erano anche angu<strong>il</strong>le pe[82]rò anche <strong>il</strong><br />

maturarvisi <strong>il</strong> lino l’uccide ed estermina; esser potrebbe, per salvar l’autorità di d<strong>et</strong>ti scrittori, che a’ tempi loro<br />

non ne producesse come fa ora.<br />

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