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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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fuoco e fumo. La puzza del zolfo è grande, ma non già tale che si senta sino a <strong>Napoli</strong>, come disse l’Alberti, né<br />

essendosi mai a’ nostri giorni intesa nella città, se non all’eruzione del Vesuvio e pioggie delle ceneri. De’<br />

sud<strong>et</strong>ti Monti Leucogei ne fa menzione Plinio nel 14° capitolo del 35°, ad ogni modo <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to fumo puzzolente<br />

giova a’ catarri freddi ed <strong>alla</strong> testa, e l’acque che dist<strong>il</strong>lano quelle bocche a molti mali.<br />

Vi sono in d<strong>et</strong>ta Solfatara officine dalle quali si cava <strong>il</strong> zolfo, l’alume, <strong>il</strong> vitriolo ed altro; si cuocono le<br />

pi<strong>et</strong>re nelle fornaci e vi si spargono acque estratte da’ pozzi, che qui sono per alcuni giorni, quali pi<strong>et</strong>re bruciate<br />

per l’infusione si risolvono in cenere; di queste si fa <strong>il</strong> ranno, o lissivia, e si ripone in vasi di legno, <strong>il</strong> quale<br />

consolidandosi fa nell’orlo del vaso l’alume a guisa di cristallo d’un oncia e mezza di grossezza; vi si fa altresì<br />

<strong>il</strong> vitriolo, ed alcuni vasi di [73] zolfo da bere, e diversi lavori; le rendite del d<strong>et</strong>to alume, vitriolo e zolfo sono<br />

parte della Casa Santa dell’Annunziata di <strong>Napoli</strong>, e parte del vescovo di Pozzuoli; la stessa vampa della<br />

Solfatara fa bollire un gran vaso di piombo per far d<strong>et</strong>to alume. Si può cavare anche sale, e vitriolo verde e<br />

rosso; <strong>il</strong> sale però non è né nitro né armoniaco, ma un’altra specie che toglie i caratteri d<strong>alla</strong> carta, ma da indi a<br />

poco consuma anche la carta istessa, se non si bagna. Era la d<strong>et</strong>ta Solfatara un monte ripieno e che poi,<br />

consumato dal fuoco, volò per aria la sua cima, ed a poco a poco è divenuto a guisa d’un amfiteatro con piano<br />

ed i d<strong>et</strong>ti monti intorno.<br />

Fuori <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to teatro vi è un conventino di padri cappuccini, con una chiesa nel luogo dove fu decollato <strong>il</strong><br />

glorioso san Gennaro con i suoi compagni. V’era sin da tempi antichi una picciola chiesa che, rovinata<br />

dall’altichità e terremoto, fu rifabricata d<strong>alla</strong> pi<strong>et</strong>à napolitana al suo santo prot<strong>et</strong>tore, e concesso <strong>il</strong> luogo a’ d<strong>et</strong>ti<br />

padri. Avanti la porta vi è [74] un epitaffio, che dice:<br />

<strong>Di</strong>vo Januario<br />

<strong>Di</strong>ocl<strong>et</strong>iani scelere obtruncato<br />

Ne quod sacri Corporis Sanguine maduerat<br />

Solùm sine honore diutius maner<strong>et</strong>.<br />

Neapolit. Civitas P.P. ÆRE P.F.<br />

1580<br />

Entrando nella chiesa a man dritta vi è una cappella con iscrizione:<br />

Locus Decolationis D. Januarii,<br />

& Sociorum ejus<br />

Dall’una parte dell’altare vi è una nicchia con ferrata ed <strong>il</strong> sasso sopra del quale furono poste le teste de’<br />

santi decollati, ancora asperse di sangue, e la festività del santo più vivo rosseggia.<br />

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