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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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edificio ivi ritrovati, ma non vi è autore in cui s’appoggi, se non solo <strong>il</strong> suo giudizio, se pure non lo tolse da<br />

Sisenna portato da Nonnio Marcello, De indiscr. Gener., portando le parole ch’erano nel libro 4° delle sue<br />

Istorie, dicendo: “Quod oppidum tumulo in excelso loco propter mare paruis menibus inter duos fluvios”; ma<br />

bisognava vedere che vi soggiunse: “infra Vesuvium collocatum”.<br />

Del suo promontorio e porto [195] fa ricordanza Strabone, <strong>il</strong> quale si vede in parte mezo miglio lontano<br />

d<strong>alla</strong> Torre, ripieno però d<strong>alla</strong> eruzione del Vesuvio, che ha fatto mutare faccia a tutta la costiera.<br />

Sta però <strong>il</strong> dubio se questo porto fusse lo stesso del quale parla Plinio a R<strong>et</strong>ina, o fussero due distinti,<br />

certo è che ora vestigio di gran porto non si vede, né nell’una né nell’altra parte; <strong>il</strong> che fece dubbitare Cam<strong>il</strong>lo<br />

Pellegrino, perché Annibale cercasse d’haver <strong>il</strong> porto di <strong>Napoli</strong> per la sua armata in Italia, quando havrebbe<br />

potuto havere quello di Ercolano con più fac<strong>il</strong>tà; e così resta in dubio <strong>il</strong> vero.<br />

Non minor difficoltà è <strong>il</strong> sapersi qual Ercole l’havesse edificato, volendo alcuni che fusse l’Egizzio, altri<br />

<strong>il</strong> Tebano venuto da Grecia, e perciò Torre del Greco d<strong>et</strong>ta; ma favolosa d<strong>et</strong>ta fondazione vuole <strong>il</strong> Cluverio,<br />

tanto più che di Torre del Greco ha ottenuto di fresco <strong>il</strong> nome, e questo da un romito greco che, portando i tralci<br />

delle viti del vin greco, e piantandoli, e riuscito <strong>il</strong> vino così buono, la reina Giovanna [196] gli diede per<br />

priv<strong>il</strong>egio che dasse <strong>il</strong> prezzo al vino greco ogn’anno, <strong>il</strong> quale, essendo morto, ne ereditò <strong>il</strong> dritto la Cattedrale<br />

di <strong>Napoli</strong>, di modo che ogn’anno si portano due canonici a dar <strong>il</strong> prezzo a d<strong>et</strong>to vino. Il suo vero nome è Torre<br />

Ottava, non d’Ottavio, perché quella secondo <strong>il</strong> Biondo è Ottajano, ed ha questo nome perché otto miglia<br />

lontana da <strong>Napoli</strong>, havendo già per ogni miglio una torre, come i romani poneano ad ogni miglio una pi<strong>et</strong>ra,<br />

dicendo ad primum, ad secundum lapidem, <strong>et</strong>c.<br />

Che fusse stata d<strong>et</strong>ta città demarchia, republica, colonia o municipio si scorge da’ marmi antichi sud<strong>et</strong>ti<br />

ritrovati, e particolar<strong>mente</strong> da uno trasportato <strong>alla</strong> chiesa di Sant’Antonio Abbate al Borgo. Abitata da oschi,<br />

<strong>et</strong>ruschi, greci, sanniti ed ultima<strong>mente</strong> da’ romani, che l’abbellirono con nuovi edificj, si cava da Strabone, da<br />

cui ancora della sicurtà del suo porto, promontorio, ed aria salutifera per lo vento Africano, che spirando la<br />

rende ut<strong>il</strong>e <strong>alla</strong> salute umana.<br />

[197] Più volte rovinata dal Vesuvio, è dalle sue ceneri risorta. Sotto Nerone, caduta per un terremoto in<br />

gran parte la dice Seneca, nel consolato di Regolo e Virginio, essendo le genti nel teatro sp<strong>et</strong>tatrici de’ giuochi.<br />

E <strong>Di</strong>one vuole che fusse allora oppressa dalle ceneri, con Sif<strong>il</strong>ino, suo compendiatore, ma di terremoto, e non di<br />

fiamme e ceneri, fa menzione Seneca. Sotto Tito, che rovinasse per l’incendj, ed <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to Plinio Secondo<br />

l’accenna, ed <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to Giovanni Sif<strong>il</strong>ino, trasportato dal F<strong>il</strong>andro; vogliono che fusse riedificata da’ romani, e la<br />

senconda volta distrutta dagl’incendj, ma non se ne sa la certezza. Quella che ora tiene <strong>il</strong> nome di Torre del<br />

Greco, nuova<strong>mente</strong> edificata da’ paesani, anche più volte dalle rovine del d<strong>et</strong>to molto offesa, non mostra altro<br />

d’antico che alcuni edificj sotterranei nel luogo d<strong>et</strong>to Sora, o San Nicolò, dove sono stanze lavorate a gusci di<br />

frutti marini, alcuni capitelli di colonne di marmo ben int<strong>agli</strong>ati, e si dice nel mare esservi una porta di bronzo,<br />

che forse era di qualche tempio consecrato a [198] N<strong>et</strong>tuno, a cui davano le conchiglie ed <strong>il</strong> colore azzurro, del<br />

quale sono fregiate le stanze; ritrovossi anche sotterra una tavola di bronzo affissa ad una par<strong>et</strong>e con le leggi<br />

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