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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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Istros, Cymeos, & Vesuvios, & vocata sunt à Janigenis <strong>il</strong>la loca Palensana, idest Regio conflagrata”. Sarebbe<br />

l’autorità bellissima, se non venisse <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to Beroso confutato come falso, come si è d<strong>et</strong>to, e scritta la sua<br />

Istoria, ed inventata dal d<strong>et</strong>to Annio Viterbien[220]se, come lo convince di falsità <strong>il</strong> Santorelli, ed altri, benché,<br />

come dissimo, anche difeso; ad ogni modo, sosp<strong>et</strong>ti si rendono anche altri incendj da lui raccontati dell’anno<br />

2600 del mondo, doppo 494 anni dal primo; quello del 2900 a tempo di Davide; quello al 3200 sotto Ciro; del<br />

3750 sotto i primi consoli; del 4055 della creazione, vivendo Agrippina minore; de’ quali scrivendo altri autori<br />

o sono sosp<strong>et</strong>ti o poco di certo raccontano. Il più certo ed antico scrittore, c’habbiamo e che ne tratti, è <strong>il</strong> citato<br />

Strabone, che scrisse vivente Augusto, e scrisse esservi nel Vesuvio segni certissimi d’incendj per le ceneri, le<br />

caverne, e sassi abbrostoliti, e le fistole, dal che si conosce prima de’ suoi tempi esservi stato fuoco; lo stesso<br />

argomenta <strong>Di</strong>odoro Sicolo, e Vitruvio, e Tacito.<br />

Dell’altro incendio sotto Tito siamo anche certissimi, havendone scritto Plinio Secondo narrando la<br />

morte del zio, che curioso andò a vederlo, o per rimediarvi, e morì soffogato dalle ceneri e dal fumo in Resina o<br />

Pompei; e che le ceneri fusse[221]ro giunte sino in Siria, Africa ed Egitto narra <strong>Di</strong>one, e ciò fu nell’anno 81 di<br />

Nostra Salute; sicché potremo dire essere questo <strong>il</strong> primo incendio di cui si sanno le particolarità. Cedreno dice<br />

che <strong>il</strong> terzo anno dell’impero di Tito fusse l’incendio, e che restassero bruciati i pesci, gli animali e gli uccelli,<br />

rovinando le città di Ercolano e Pompei, sedendo <strong>il</strong> popolo nel teatro, ma 72 s’inganna, perché la caduta del<br />

teatro col popolo sedente fu descritta da Seneca esser stata per terremoto, e non fa menzione d’incendio alcuno,<br />

Quæstiones naturales, 6° p.<br />

Imperando Severo, habbiamo l’altro incendio nel 200, secondo <strong>Di</strong>one e Sif<strong>il</strong>ino, o 202, secondo altri.<br />

Del terzo parla lo stesso <strong>Di</strong>one nel 305, e lo conferma monsignor Majolo a tempo di <strong>Di</strong>ocleziano, dicendo:<br />

“Omnem fere Europam cineribus attigerat”; e dice lo stesso autore haverlo fermato con l’intercessione san<br />

Gennaro, lo che devé succedere subito martirizzato, essendo <strong>il</strong> santo, sotto <strong>Di</strong>ocleziano, da Timoteo fatto<br />

decapitare. [222] Siegue quello del 471, portato dallo stesso, confirmato da Paolo Regio, o nel 472 sotto Leone<br />

ed Artemio, altri Leone e Probiano lo riferiscono, Cassiodoro e Marcellino, e che Leone sedendo in<br />

Costantinopoli spaventato fusse fugito a San Mimante, lo cava da Marcellino <strong>il</strong> Sigonio. Da Procopio cavasi<br />

che d<strong>et</strong>to incendio durasse sino al 473, e che rovinasse molti castelli, e de’ danni fatti non minori di quelli sotto<br />

Tito ne fanno fede <strong>il</strong> cons. Marcellino, 73 <strong>il</strong> cardinal Baronio e Celio Rodigino.<br />

Sotto di Teodorico, nel 512, che ritornasse ad ardere racconta <strong>il</strong> Sigonio sud<strong>et</strong>to, r<strong>il</strong>asciando Teodorico<br />

<strong>agli</strong> abitanti per la devastazione de’ campi <strong>il</strong> tributo; e fa menzione di fiumi bituminosi che ascendevano alle<br />

cime degli alberi. Che più volte <strong>il</strong> patrocinio di san Gennaro, come al presente, si è esperimentato nel trattenere<br />

l’imp<strong>et</strong>o del suo furore, si legge d<strong>alla</strong> sua vita, e da un om<strong>il</strong>ia che si conserva nella Bas<strong>il</strong>ica Vaticana, citata dal<br />

Baronio; cagione che molti popoli <strong>alla</strong> fama del santo fussero venuti a riverire <strong>il</strong> sepolcro.<br />

72 Editio princeps: mè.<br />

73 Editio princeps: Matcellino.<br />

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