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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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uciate che vomita la voragine; havea già due cime, una delle quali fu scoronata dall’incendio, e si fece a guisa<br />

di amfiteatro, poi lo restituì di nuovo col d<strong>et</strong>to monticello, [210] ugu<strong>agli</strong>andosi all’altra cima.<br />

Fert<strong>il</strong>issimo è all’intorno di selve, v<strong>il</strong>le, masserie e territorii, ne’ quali producono gli alberi frutti<br />

dolcissimi; ma le sue vendemmie lo rendono celebre, per le Lagrime e Grechi preziosi, appresso i po<strong>et</strong>i e altri<br />

scrittori. Stimati i suoi vini da tutto <strong>il</strong> mondo; cagionata la sua fert<strong>il</strong>ità dalle ceneri che tramanda, vogliono<br />

Strabone, Cassiodoro e tutti coloro che ne f<strong>il</strong>osofano, poiché bagnate con l’acqua e con la qualità sulfurea,<br />

unendo <strong>il</strong> caldo all’umido, ne nasce la fecondità; con tutto che, bruciando con le ceneri calde gli alberi e le viti,<br />

offenda sul principio la campagna, ma poi col tempo, fert<strong>il</strong>izandola, rende con felice usura multiplicato ciò che<br />

tolse con l’incendj. Che vi siano fonti di fuoco notò Zonara, e se ne vede l’esperienza. Famoso è per l’istorie,<br />

essendosi ivi ricoverati i gladiatori scampati dalle prigioni di Capua, guidati da Spartaco trace e Tinomao gallo<br />

con 74 compagni, secondo Floro ed Eutropio, dando origine <strong>alla</strong> guerra serv<strong>il</strong>e; necessitata la Republica<br />

Romana a man[211]darci contro Vatinio Glabro, che Clodio chiama Floro, che havendo posto <strong>il</strong> campo alle<br />

radici del monte, Spartaco con compagni, calando d<strong>alla</strong> cima di esso con funi fatte di viti, assalì Clodio e,<br />

postolo in fuga, saccheggiò i padiglioni; vi venne poi Crasso, e benché vi havesse fatto gran prove, fu la gloria<br />

di estirparli destinata a Pompeo, havendo d<strong>et</strong>ta guerra fatta apprensione a’ romani non meno di quella<br />

d’Annibale, poiché d<strong>et</strong>ti servi haveano occupato con gli eserciti Tora, M<strong>et</strong>aponto, Nocera, ed altre v<strong>il</strong>le e città,<br />

saccheggiandole.<br />

Che nascesse dalle radici di d<strong>et</strong>to monte <strong>il</strong> fiume Dragone o Tracone, d<strong>et</strong>to ancora Draco, Dragone,<br />

Dragonzio, e Dragongello, lo dice Procopio, diffic<strong>il</strong>e però per l’autorità d’altri autori ad indagarsi. Il Nauclero<br />

vuole che sb<strong>occhi</strong> presso Nocera, Gen. 14°, ove si dice si accampasse Nars<strong>et</strong>e, e Giovanni Vitaliano, di cui fa<br />

menzione Antonio nella sua Cronica. L’abbondanza dell’acque, che scaturisce dovunque si cava presso la Torre<br />

del Greco, fa credere che qui [212] fosse stato <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to fiume, e che, assorbito d<strong>agli</strong> incendj e d<strong>alla</strong> terra, in<br />

diverse parti venga a sgorgare ed uscire. Vibio Sequestro dà l’uscita al Dragone dal Monte Sarno, o Sarro,<br />

confondendolo col fiume di questo nome; ma in verità non potea salire <strong>il</strong> d<strong>et</strong>to fiume 66 al Monte Sarno, che<br />

diede <strong>il</strong> nome a’ sarrasti, ma bensì congiungersi per non tornare a di<strong>et</strong>ro – e l’acque per natura scendono, non<br />

salgono – nascendo dalle radici del Vesuvio più presso al mare del d<strong>et</strong>to monte; potea bensì, ingrossandolo,<br />

renderlo navigab<strong>il</strong>e, come era a tempo di Strabone, che chiama comune navale. Benché <strong>il</strong> Pellegrino insista che<br />

<strong>il</strong> Sarno Dracone fu d<strong>et</strong>to, lo che se li può concedere allora che, uscendosi col Sarno, gli dasse con l’acque<br />

anche <strong>il</strong> nome.<br />

Venendo <strong>alla</strong> forma antica e moderna di d<strong>et</strong>to monte, deve <strong>il</strong> curioso sapere che sempre vario ed<br />

instab<strong>il</strong>e per li suoi incendj s’è dimostrato <strong>il</strong> Vesuvio. Pieno di caverne e sistole lo conobbe a’ suoi tempi<br />

Strabone, con pianura su la cima; non havendo noi autore più antico che di [213] esso favelli, se non fusse<br />

Beroso Caldeo, a cui poca fede danno gli scrittori amici della verità, stimandolo apocrifo, benché non manchi<br />

66 Editio princeps: finme.<br />

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