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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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notizie del Vesuvio, con suoi incendj e straggi, che ha cagionato <strong>alla</strong> più bella parte della Campagna Felice, e<br />

cominciaremo a dire<br />

[5] <strong>Di</strong> Cuma, e dell’antica città e porto di Mi<strong>seno</strong>.<br />

§ II. Benché Cuma non sia nel circolo, ma di<strong>et</strong>ro <strong>il</strong> Monte Mi<strong>seno</strong>, verso la parte che riguarda Patria,<br />

ricovero già di Scipione, ov’era la sua sepoltura che dicea: “Ingrata patria nec ossa mea habebis”, e cadendo<br />

tutte le l<strong>et</strong>tere, solo restandovi “patria”, diede <strong>il</strong> nome ad un’antica torre, ove viene a sboccare <strong>il</strong> fiume Literno,<br />

o Linterno, e vi era anche una città di tal nome ora disrtutta; ad ogni modo, della città di Cuma, essendo così<br />

antica e grande, d<strong>alla</strong> quale conobbe i suoi principi con i calcidici Partenope, e la riedificazione per lo consiglio<br />

dell’Oracolo, sarà di bene non tacerne, e da essa principiare.<br />

Era dunque d<strong>et</strong>ta città situata presso del mare sopra una rocca di pi<strong>et</strong>ra durissima inaccessib<strong>il</strong>e, secondo<br />

Agazio nella Guerra de’ Goti battuta dall’onde che vi si rompono, in cui era diffic<strong>il</strong>e <strong>il</strong> salire; ed<br />

inespu[6]gnab<strong>il</strong>e fu d<strong>et</strong>ta per l’altezza delle sue mura, delle quali ne appaiono, in un luogo d<strong>et</strong>to Arco Felice,<br />

parti. Fra 2 laghi sorgea: uno d<strong>et</strong>to di Licola, che vogliono fusse la Fossa di Nerone, e l’altro la Palude<br />

Acherusia, ora d<strong>et</strong>to la Coluccia, o Fusaro; è posta al prosp<strong>et</strong>to di Procida ed Ischia. L’edificorono i greci o<br />

calcidesi venuti da Euboa, o sia Negroponte, con Ferecide loro capitano, al dire di S<strong>il</strong>io Italico: “Inde<br />

Phereciadum muros, <strong>et</strong>c.”. Da Ippocolo Cumeo o Megastene vuole che fusse edificata Strabone, designata per<br />

loro colonia, e che dal primo prendesse <strong>il</strong> nome. <strong>Di</strong>onisio ci vuole per compagni gli eritrei; Vellejo, che fussero<br />

i calcidensi soli; Marziano, che fusse ristaurata o rifatta da’ cumei, e che sia la più antica città non solo della<br />

Sic<strong>il</strong>ia ma dell’Italia. Micene la chiama Eusebio, e san Girolamo, ma non si sa la ragione, forse deve dire<br />

Misene dal promontorio di Mi<strong>seno</strong>. Regno di Trespoto la disse Properzio, cagione d’una contesa tra’ l<strong>et</strong>terati:<br />

Sannazzarro, Parasio, Scali[7]gero, Mur<strong>et</strong>o, Beraldo e Volsio.<br />

Doppo molte scene ed infortunj, final<strong>mente</strong> fu distrutta da’ napolitani, havendo sofferto ne’ suoi principj<br />

la tirannia di Aristodemo, fatto uccidere da Senocrita per liberare la patria, fu agitata dalle guerre de’ campani,<br />

goti e longobardi, finché nel 1203 fu da’ loro discendenti distrutta, potendosi a ragion dire che la figlia<br />

uccidesse la madre per ingrandirsi. La cagione fu perché i teutoni in Cuma refugiati, attendendo ai latrocinj ed<br />

assassinj, molestavano tutta Terra di Lavoro, di maniera che non vi era luogo per la coltura, né era sicura la<br />

pesca. <strong>Di</strong> ciò sdegnati i napol<strong>et</strong>ani, sotto la guida di Goffredo da Montefuscolo ed altri cavalieri, presero a forza<br />

Cuma, allora che era ridotta in un miserab<strong>il</strong> castello, e la desolarono al piano, cadendo una città che fu così<br />

chiara per antichità, e presidio de’ goti, trasportandone le sacre reliquie i napol<strong>et</strong>ani nella città loro. Fanno fede<br />

delle sue antichità molti avanzi restati in piedi, cioè parte del Castello sopra un monte di pi<strong>et</strong>re quadre e vive,<br />

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