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Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi et alla mente de' curiosi

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Si rende l’està, per d<strong>et</strong>ta cagione del lino, aria pessima, lasciandovi molti la vita; ne cavano però i padri<br />

gesuiti dal darvi luogo da maturar lino e canape una grossa rendita.<br />

<strong>Di</strong>scendendosi da <strong>Napoli</strong> presso li d<strong>et</strong>ti edificj de’ sudatorj, a man destra vi è sotto <strong>il</strong> monte una cava, o<br />

grotticella, alta da 14 palmi e larga da 6, profonda da 16, nel di cui fine st<strong>il</strong>lano alcune goccie d’acqua che<br />

sembrano lucide a guisa d’argento, e si chiama la Grotta de’ Cani, ove ponendovi qualunque animale vivo a<br />

poco a poco va perdendo <strong>il</strong> fiato, e resta quasi morto, e restandovi più tempo more affatto, ma buttato nel lago<br />

prima di morire va a poco a poco ritornando in sé stesso. Io ne ho fatto l’esperienza con uccelli, rane, lucertole e<br />

cani. Carlo VIII re di Francia vi fe’ l’esperienza con un asino, e don Pi<strong>et</strong>ro di Toledo con due schiavi, che tutti<br />

morirono. Può [83] a gli uomini succedere lo stesso, stando col capo basso verso terra, perché stando in alto o<br />

pigliando aria poco può offendere, bensì far venir vertigini e dolor di testa, e col tempo forse far lo stesso<br />

eff<strong>et</strong>to. Stimo che la crassezza de’ vapori, o alito, che s’alza poco più di tre o quattro palmi de terra, essendo<br />

così densa non amm<strong>et</strong>te aria e soffoga gli spiriti vitali, che privi dell’aria, mancandoli <strong>il</strong> proprio elemento,<br />

restano spenti, come i pesci che si muojono fuori dell’acqua; e ciò si vede dalle torcie accese che, calate a<br />

basso, subito si smorzano affatto, senza né meno lasciar negli stoppini vestigio di fuoco, ma sollevate si<br />

mantengono; <strong>il</strong> fumo poi delle torcie, invece d’andar in alto, va al basso, ed esce all’aria di fuori la grotta; gli<br />

schioppi non è possib<strong>il</strong>e che vi prendano fuoco sbarati nella grotta al basso; cavandosi da queste esperienze la<br />

mancanza dell’aria.<br />

L’acque appresso del lido sogliono bollire, però quando <strong>il</strong> lago è pieno, poiché quando è diseccato per<br />

più passi non si vede <strong>il</strong> gorgoglio o bollimento; ciò da che nasca si va [84] argomentando, o che siano<br />

l’esalazioni ed i vapori che uscendo da sottoterra fanno gorgogliare l’acqua, o pure sono acque che scaturiscono<br />

dal monte e sgorgando gorgogliano, sembrando che bollano. Pericoloso in d<strong>et</strong>to lago è <strong>il</strong> nuotarvi, essendovi un<br />

limaccio che si attacca <strong>alla</strong> vita e pota giù diffic<strong>il</strong>e da disbrigarsene, e molti ne sono stati sommersi per volere<br />

arrischiarsi a nuotarvi, per prendervi gli augelli che hanno uccisi cacciando.<br />

Sovrasta al d<strong>et</strong>to lago la Montagna de’ Camaldoli, ove è <strong>il</strong> convento del Salvadore, d<strong>et</strong>to a Prosp<strong>et</strong>to,<br />

che è <strong>il</strong> più alto monte de’ contorni di <strong>Napoli</strong>, dominando a Cavaliero Sant’Erasmo, o Sant’Elmo, e scovrendo<br />

tutta la Terra di Lavoro sino a Ga<strong>et</strong>a. Vi è nella cima un bellissimo romitagio de’ d<strong>et</strong>ti padri camaldoli di San<br />

Romoaldo, di cui s’accennò nella prima parte. Fu la chiesa del Salvadore antica<strong>mente</strong> fondata da san Gaudioso<br />

vescovo di Salerno per un miracolo accaduto, perché poi era la chiesa abbandonata, Giovan Battista Crispo vi<br />

fece venire con assenso pontificio d<strong>et</strong>ti monaci, [85] dandoli parte de’ suoi poderi; soccorsi poi da don Carlo<br />

Caracciolo e don Giovanni d’Avalos, fratello del Marchese di Pescara, buttando a terra la chiesa antica vi<br />

fabricorono la presente, adorna di molti belli quadri, e s’ampliò <strong>il</strong> romitaggio, in cui ogni padre ha sue stanze e<br />

giardin<strong>et</strong>to, bensì la notte ed <strong>il</strong> giorno hanno da convenire in chiesa d’ogni tempo ad officiare. Vi sono padri,<br />

che chiamano chiusi, che hanno comodità di celebrare la messa nell’oratorio, né di là escono mai. Vi sono<br />

bellissimi stradoni con faggi, lauri imperiali ed arangi, per passeggio; e la chiesa ha mutato <strong>il</strong> titolo di San<br />

Salvadore a Prosp<strong>et</strong>to con quello di Santa Maria Scala Cœli per un sogno misterioso di san Romoaldo, che vide<br />

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