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NEL ESODO.
afTrcttatarnorte,8c crudele.'. Etcrudcliflîmain humani*
«V certo rubare Uno huomo,accfo che il ladrô arricchi
fra onde crudeimente û debbe uccidere,auuegna che an
rhora fi truoui nella mano del ladro,8c molto maggior*
mente fe fia defperata la redentione del uenduto,perche
nUiecceiîiuain humanita,8c crudelta nel proflimo du*
rifiimamente fi debbe uendicare.Et come délia percuffiô
re de parenti,cofi intendi délia maladitione di quegh/e
la impertettione dello atto non lo fcufi,8c intendo que*
fia le£gc délia maladicentia per modo di contumeha la*
aualefa fa auanti:, 8c contraria ail honore che H debbe a N
cadri 8c aile madri, 8c punifeefi quefta taie contumeha
contro a v
padre,8c madre,come la beftemia di Iddio .-Et
c la ragione délia legge, perche ne a v
Iddio ne f parenti
poffiamo rendere cofa equale. Et confidero la legge che
come i padri,8c le madri conuengono con Iddio in que
fto cofi la pena délia contumeha conuengain eflî, con la
pena délia conturaelia in Dio.
Et fe huomini conîenderanno,ôc alcuno perco*
tera il preffimo fuo con la pietra,o v
coi pugno,Ôc
non muoia,ma caggia nel letro.Se fi rizera, ôc an
drafuorafoprailbaiîonefuOjfarainnocête quel
lo che percoffe, dara folamente il danno del fuo
ftarfî ôc medicando,lo fara medicare.Et fe alcuno
percotera il feruo fuo dlaferuafua con lamaza,
ôc muoia fotto la mano fua,ccn punitione fia pu
nito.Ma fe per un di,o v
per élue di ftar a,nô fia pu*
nito perche e' argento di quello.
In r
egna la concordia,8c la charita,8c comanda che fi ricô
penfi ogni danno caufale,8c che fipunifca la negligentia,
accioche ci temperiamo dalla iraeundia,8c dalle liti,accio
che non feorra l'ira alla uccifione,onde uuole che queilo
che ha riceutalaingiuria délia percoffa, effendo guarito
fia ricompenfato di tutti i fuoi danni,Modera d ;
poi l'ira
de padroni contro a" ferui,laquale legge nond;meno feu
fa il padrone dalla pena dello homicidio, quando uno
feruo fu percoffa col baftone, 8c uifTe uno giorno o v
due
percio che era feruo comperato per argento ,8c cofi intê
de de ferui o' ferua comperati, 8c non uolontarii, come
communemente fi ufano fra noi.
Etfe contenderannohucmini,ôcunino una don
na pregna,6c efchino i nati di quella, ôc non ui fia
morte, fia con punitione puniro come gli impor
rail marito délia donna, ôc dara come ftatuirâno
i giudici.Et fe ui fia morte,dara Panimap l'anima.
L'occhio per TocchiOjil dente per il dente,Ia ma
no'per îa mano,il piede,per il piede. Arfione,per
arfione,ferita per ferita,liuido per Iiuido.
Conûdera quefta legge délia percoffa délia donna graut*
da due cafi, uno,fe non fara la morte tanto délia madré,
quanto délia proie, 8c all'hora fia punito il pereuffore di
pena arbitraria,l'altra fe interuerra la morte, 8c all'hora
fi punira con pena di homicidio. Et nell'uno , 8c nell'al*
trocafo,la uita d la morte délia proie fi manifefta dall'ufci
ïefuori laprole,8c per quefto,dice, Scufciranno fuoraf
nati.Et fa mentione del parto,fotto nome di nati à dife*
rentia dello abortiuo,non formato in fanciullo o" fanciul
la,perche fe la donna percoffa mandafli fuori il parto fea
za alcuna forma, non farebbe morte di huomo, quanto
alla proie, perche l'huomo in potentia,non e v
huomo.
Etappare quefta legge parlare délia morte,o N
noeurnen
to non folamente del parto immaturo, ma di effa madré
percoffa,ta!mente che fecondo quello che il marito délia
moglie pofe fopra il pereuffore, non fecondo la uolon*
CAP, XXI. «s
ta fua,accioche non fi ecceda il mocîo,ma fi referifeâ agli
arbitri,8c leggittimi giudici, che difeernino la compenfa*
tione del danno.
Et fe alcuno percotera Tocchio del feruo fuo, o'
l'occhio délia ferua fua,ôc guafti quello, lo man*
dera libero per l'occhio fuo.Et fe il dente del fer*
uo fuo,o v
il dente délia ferua fua,fara cafcare,mâ
-dilo libei o péril dente fuo. Et fe cozzerail bue 1'
huomo,o x
la donna,ôc muoia, lapidando fia lapi
dato il bue,ôc non fi mangi délia carne di quello,
ôc il padrone del bue fara innocente. Et fe il bue
cozzauapelpafiatOjôc harannolo tefîificato al
padrone fuo, ôc nô euftodifea quello,ôc uccidera
un huomo, o una donna,jl bue fara lapidato, ôc
anchora il padrone di quelo morra.
Comanda hora la moderatione nel battere i ferui, accio
che non fieno lecitc tutte le cofe a' padroni irati,coman*
dando la hberatione del feruo,o s
délia ferua per effa per*
diîa,di dente o v
di occhio. Et prohibifeefi il mangiare la
carne nella maladitione del fatto , accioche anchora eflî
non diuenghino efferati,3c atroci.Et tanto e"" odiofo l'ho
micidio al Signore,che non ci permette mangiare îa car*
ne délie befiie homicide,8c fara innocente il padrone del
bue,cioe' non fara ragioneuolmente dannato o v
aceufa*
to aila reftituttione de] danno.Et Sono da ammunire di*
ligentemente i padri,di famiglia.che neffuno délia fua fa
miglia prefuma di nuoeere a uicini,anchqra che esfi non
lo fappino, poi che quefta legge fa reo di morte effo pa*
dre di famiglia,il bue del quale uccife uno huomo. M ot
ftrando che i uicini debbono cercare di benificarfi l'un Q,
i'altro,8c non di danniikarfi.
Ma fegli fara importa la redentione,dara la reden
tione délia anima fua, fecondo tutto quello che
gli fia impofto.Se cozzera il figliuolo,d la figliuo
la,fecondo quefto giudicio gli fara fatto.Se il bu£
cozzera il feruo,o'laferua,dara trenta ficli d'argë
to al pradone fuo,ôc il bue fara lapidato. Etfe a*
prira alcuno una cifterna, 6 fe cauera una cifter*
na, ôc non coprirra quella, ôc cadra qniui il bue,
o l'afino.Il padrone délia cifterna paghera, ocre
rotuira argento al fuo padrone, ôc quello chee*
morto fara fuo.Et fe urtera il bue di alcuno il bue
del proflimo fuo,ôc muoia,uenderanno il bue ul
uo,ôc amezeranno ilprezzo, ôc anchora ameze^
ranno il morto.Se fia noto che fia bue che cozzi
pel paffato, ôc non euftodifea quello il padrone
fuo,reftituira ilbue per il bue,ôcil morto fara fuo.
Concède non dimeno quefta legge, che il giudice poiTa
decernere,che il padrone del bue,che cozza, che tu ne#
gligente recuperi l'anima fua col prezzo.Pone dipoi gra
ue,8c dura legge ne ferui,ma giufta a" iudei,accioche fuf*>
fe maggior cura délia liberta nel popolo di Iddio.Del fi*
clo non è certa cognitione che moneta,o v
che pefo di ar
géto fuffe,uari,uarie cofe dicano,ma niête di certo addu*
cano.Infegna in ultimo la follecita •fiéruatione,accio che
non fi ofTenda per alcuno modo il proflimo nelle perfo
ne,dnelle cofe,ondc è da hauere cura g tutto a N
perlcoli.
CAP. XXII.
SE alcuno ruberabue, opecora, Se feannila, o*
uendala refiituira cinque buoi p il bue,Scquat
M ii