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la-mano-scarlatta

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Di fronte al quadro c’era un altare di pietra – molto più imponente

– al centro di un pentacolo gigantesco. Nella lastra di pietra erano

incise piccole scanalature che dai quattro angoli dell’altare

scendevano alle punte della stella sottostante. Ovunque si vedevano

macchie rosso scuro di varie tonalità ma tutte dello stesso tipo.

«Visto?» disse Shinyun trionfante. «Sangue sulle pareti. Ecco da

cosa si capisce che è quello vero.»

Alec indicò sulla sinistra con espressione perplessa. «Perché vicino

all’altare sacrificale c’è un bar ben fornito?»

Magnus si arrese. «È sicuramente il mio culto, non è così?» Fece una

pausa. «Spero che l’altare sia un’aggiunta posteriore.»

«Forse no» disse Alec. «Potrebbe esserci un altro stregone che

vorrebbe un angolo bar accanto all’altare sacrificale.»

«Be’, se è così, dovrebbe presentarsi» commentò Magnus. «Penso

che andremmo d’accordo.»

Nella fretta di andarsene, il culto aveva lasciato un gran disordine.

Metà delle panche erano rovesciate, il pavimento era in gran parte

ricoperto di spazzatura e in una buca per il fuoco c’era una pila di

detriti quasi interamente bruciati.

A un certo punto il fuoco doveva essere sfuggito di mano,

divampando fuori dalla cavità, perché alcune panche nei pressi erano

carbonizzate. Magnus andò dietro il bancone. Un sacco di liquori, ma

niente ghiaccio, frutta né altre guarnizioni. Si versò tre dita dell’amaro

più amaro che gli riuscì di trovare e lo sorseggiò con rabbia

camminando su e giù.

I ricordi erano forme potenti di magia. Ogni cosa nell’universo li

aveva, persino gli eventi, i luoghi e gli oggetti. Ecco come nascevano i

fantasmi da momenti particolarmente tragici, ecco perché le case

diventavano infestate. Magnus era disposto a scommettere che un

santuario dedicato all’adorazione dei demoni, in cui si erano svolti riti

sacrificali, avrebbe rivelato la sua bella dose di ricordi potenti da cui

avrebbero potuto ottenere degli indizi.

Camminò in cerchio attorno al perimetro del santuario e si mise a

salmodiare. Teneva le braccia allargate e dalla punta delle dita si

irradiava una scia sfavillante di foschia bianca.

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