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Entrarono nella villa passando per quella che un tempo doveva

essere stata una scuderia e attraversarono una serie di stanze.

L’edificio era stato saccheggiato tempo prima. I pavimenti erano

disseminati di mobili rotti, arazzi strappati e schegge di vetro. La

natura aveva già iniziato il lento processo di colonizzazione della villa.

Erbacce e rampicanti si insinuavano nelle crepe delle pareti e dalle

finestre. Nell’aria aleggiava puzza di acqua stagnante. Era tutto

fradicio. L’odore di umidità stordiva Magnus. Faceva fatica a

respirare.

«Il male può essere giustificato, talvolta. Lo squallore, mai»

mormorò Magnus.

Shinyun mormorò di rimando: «Smetterai mai di scherzare?».

«Improbabile» rispose Magnus.

Entrarono in un locale lungo con il soffitto basso e scaffali a pezzi.

In un’altra vita, probabilmente era stata la dispensa. Adesso i muri

erano una ragnatela di legno marcio, pietre spaccate e rampicanti.

C’era una pozza d’acqua dove il pavimento era sprofondato. Shinyun

alzò un dito e si immobilizzò. Magnus si mise in ascolto. Eccolo, un

rumore: il suono smorzato di voci che salmodiavano.

Shinyun indicò l’estremità opposta della stanza e avanzò

lentamente, facendo un largo giro per evitare la pozza. Proprio mentre

stava per uscire dal locale, una saracinesca metallica, che sembrava in

condizioni molto migliori del resto dell’edificio, si chiuse con fracasso,

bloccando l’ingresso di fronte a lei.

Magnus si avviò in direzione della porta da cui erano entrati, ma

era troppo tardi. Si udì un fragore metallico e un’altra saracinesca gli

bloccò la via d’uscita prima che lui potesse arrivarci. Magnus afferrò

le sbarre e tirò. Niente. Erano in trappola.

Shinyun cercò di sollevare l’altra saracinesca. Magnus la raggiunse

e si unì a lei. Niente da fare; era troppo pesante. Fece un passo

indietro e chiamò a raccolta la sua magia, intenzionato a ridurre il

metallo in polvere. Le mani si accesero di un bagliore azzurro e dalle

dita si sprigionò una vampata di energia, che però si estinse prima di

arrivare alla saracinesca.

Si sentiva inaspettatamente debole, come se avesse appena lanciato

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