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la-mano-scarlatta

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La foschia aleggiò e si mosse nell’aria come pigre onde dell’oceano,

poi si condensò, assumendo la forma di corpi umani in movimento.

Erano alcuni dei ricordi più vividi impressi in quel luogo.

Ma qualcosa stava ostacolando l’incantesimo di Magnus. Il culto

era preparato a una cosa del genere. Magnus allungò le mani e spinse

contro la potente difesa che ammantava tutto quanto. Alcuni ricordi si

fusero in qualcosa di tangibile, ma rimasero deboli e confusi, e si

dissiparono dopo pochi secondi.

Solo tre di essi erano sufficientemente vividi per materializzarsi in

una forma distinguibile. Uno era quello di una vetrata colorata, ormai

scomparsa, sulla quale c’era il ritratto di una persona che assomigliava

in modo incredibile a Magnus, a cui facevano aria con foglie di palma.

In un altro c’erano due figure inginocchiate in preghiera, un adulto e

un bambino, entrambi sorridenti. Nel terzo, infine, si vedeva una

donna in piedi davanti all’altare con in mano un lungo kris. Poi

c’erano facce, troppe facce stravolte dall’agonia. Vide mondani e

persino un paio di stregoni, ma soprattutto vide fate. Sangue di fata, il

sangue che poteva essere usato per evocare Demoni Superiori.

Quando si arrese, Magnus aveva il fiatone ed era ricoperto di

sudore. Ansimando forte, fece un gesto per dissipare la fitta foschia

che aleggiava intorno a lui. Quando si fu dissolta, si accorse che

Shinyun era appoggiata a una delle colonne a braccia conserte. Aveva

osservato ciò che faceva con grande interesse.

«Qualcosa di utile?» gli chiese.

Magnus si appoggiò a una parete e scosse la testa. «Qualcuno ha

messo in atto un incantesimo per impedirmi di scoprire alcunché.

Qualcuno molto potente.»

«Noti niente di strano su quel muro?» chiese Shinyun, accennando

con la testa al dipinto dell’uomo con i denti seghettati. Magnus si era

sforzato di evitare gli occhi del ritratto, come se suo padre Asmodeo

potesse guardarlo attraverso di essi.

Se anche aveva fondato il culto, non avrebbe mai tirato in ballo

Asmodeo. Di sicuro non era mai stato così folle o temerario.

«Io sì» disse Alec all’improvviso e Magnus sobbalzò.

«Il dipinto è appeso a una nuda parete di pietra, e c’è solo quello. È

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