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quando avvertì un tocco più deciso sull’orecchio, due colpetti distinti

che per poco non lo fecero sobbalzare.

«Vera pelliccia di selkie» disse speranzoso il proprietario della

bancarella. «Di provenienza etica. Oppure che ne dice di questo?

Pelliccia di lupi mannari che volevano essere tosati per provare quella

raffinata sensazione aerodinamica.»

«Molto belli» disse Magnus passando oltre.

Imboccò una stradina laterale che si allontanava dal centro del

mercato e poi svoltò di nuovo in un vicolo cieco. La sensazione

all’orecchio c’era ancora, questa volta accompagnata da una tiratina.

Le mani gli si accesero di magia e lui parlò al vuoto. «Sono

lusingato, ma forse è meglio se la smettiamo di fare i timidi e ci

parliamo faccia a faccia.»

Nessuna risposta.

Magnus aspettò ancora qualche istante prima di lasciare che le

fiamme delle mani si spegnessero. Tornò all’imbocco del vicolo. Non

appena rimise piede nella civiltà sentì uno strattone all’orecchio.

Qualcuno lo stava guardando fisso.

«Magnus Bane! Mi sembrava che fossi tu!»

Magnus si girò verso la voce. «Johnny Rook! Che ci fai a Parigi?»

Johnny Rook era uno dei rari mondani che avevano la capacità di

vedere il Mercato delle Ombre. In genere stava al Mercato di Los

Angeles.

Magnus lo osservò senza entusiasmo. Indossava un trench nero e

occhiali da sole (anche se era notte), aveva i capelli biondo scuro

tagliati alla cesare e la barba di un giorno. La sua faccia aveva

qualcosa di leggermente sbagliato: Magnus aveva sentito dire che

Johnny pagava delle fate per migliorare di continuo i lineamenti con

la magia, ma se era vero stava sprecando i suoi soldi. Era noto anche

come Rook l’Imbroglione, e non rinunciava allo stile a cui doveva il

suo soprannome.

«Stavo per farti la stessa domanda» disse Johnny, curiosissimo.

«Vacanza» disse Magnus evasivo. «Come sta tuo figlio? Cat,

giusto?»

«Kit. È un bravo ragazzo. Sta crescendo in fretta. Mani leste, molto

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